All That Heaven Allows è un film del 1955 diretto dal regista Douglas Sirk, maestro di R. W. Fassbinder, che ha omaggiato questo film con il suo La paura mangia l’anima. La pellicola illustra la favola amara dell’amore tra una vedova attempata e amareggiata dalla vita di società che è costretta a seguire e il suo giovane e attraente giardiniere che l’affascina più che col corpo con la filosofia di “ignorare le cose inutili” derivante da Thoreau. I circoli dell’alta società ovviamente disprezzeranno questa inusuale unione, screditando i due anche diffondendo notizie false. Volteranno le spalle alla madre anche i figli, troppo abituati alle convenzioni borghesi e ora anche bersagliati di offese dai loro coetanei. Pressata su tutti questi fronti la donna, con molto dolore suo e del suo amato, dovrà troncare questa scandalosa relazione. Riappacificatosi tutto, la vedova si rende ben presto conto, soprattutto causa le azioni meschine dei figli, della vuotezza che la sua vita avrà senza l’amato e si affretta perciò, infischiandosene di quello che si dirà di lei, a raggiungerlo e a unirsi finalmente di nuovo con lui, in un finale che ha veramente del favolistico.

Quest’opera, come molte in futuro, si limita soltanto a ritrarre, quasi attraverso gli occhi ingenui di un bambino, la realtà di un tranquillo (nell’apparenza) paesino rurale americano dove però, nei gran segreti dei salotti dell’alta borghesia, si sviluppano odi e meschinità. Eppure tutti i personaggi illustratici sono estremamente umani tanto che, a mia opinione, è molto difficile distinguere i personaggi negativi da quelli positivi, che vogliono aiutare i protagonisti.

Un esempio sono i personaggi dei figli, in molte critiche descritti come odiabili e detestabili, ma io non ho potuto fare a meno che identificarmi nei loro comportamenti, in fondo estremamente propri dell’animo umano. Forse è proprio questo che Sirk voleva ottenere: che tutti gli spettatori si identificassero nei personaggi di questo film, che però, in questa opera, vengono secondo i propositi del regista nettamente divisi tra cattivi e buoni. Tutto ciò rende questa pellicola staordinariamente realistica e molto moderna, tanto che ne sono stati tratti molti remake, tra cui quello di Fassbinder sopra citato, ma, come ho detto, è molto affascinante anche per i suoi toni di fiaba, con tanto di patronus dei protagonisti sotto le forme di un cervo che appare innocentemente ogni volta che si trovano insieme.

Pietro Luca Cassarino