Cento anni fa nasceva Orson Welles: è di certo una ragione più che sufficiente per celebrarlo sul grande schermo di piazza Maggiore, in una serata in cui è lui il protagonista assoluto. Welles non sempre ha portato a termine i propri progetti, Portrait of Gina è, infatti, un film sconosciuto al pubblico e disconosciuto dal canale televisivo americano, l’ABC, per cui era stato girato, nel ’58. Sarebbe stata la prima puntata di una serie, Orson Welles at Large, che però non fu mai realizzata. La pellicola venne a lungo considerata perduta, e solo trent’anni più tardi, in un baule dell’Hotel Ritz di Parigi, venne ritrovata e diffusa. Viva l’Italia, altro nome dato al film dai distributori postumi, è un ritratto del Bel Paese interamente incentrato sulla diva italiana più celebre del momento, Gina Lollobrigida. Nella sua casa di campagna sull’Appia Antica, circondata dai suoi tre cani, l’attrice rilascia, in un inglese incerto e maccheronico, un’intervista all’amico Welles, che attraverso le sue parole e quelle di Rossano Brazzi e Vittorio De Sica intende sottolineare- quasi denunciare- come nessuno sia profeta in patria, specie se la patria è italiana.

Grandi nomi come Enrico Caruso o Eleonora Duse non riscossero mai in Italia lo straordinario successo di cui godettero all’estero. Ma il pubblico italiano è difficile, si commenta nel film, perché è esso stesso composto da attori, che tra il caratteristico gesticolare e il parlare compongono, senza volerlo, continue scene di teatro a cielo aperto. Gina, la country girl di Subiaco, ricorda a Welles la vicenda di Cenerentola, e scava nel suo passato, nelle sue radici, nelle sue fievoli ambizioni di pittrice illustrando la storia del riscatto sociale perfetto. Ma il risultato non piacque nemmeno alla stessa Lollobrigida, che dopo la proiezione del film alla Mostra di Venezia del 1986 ne fece vietare la diffusione ufficiale.

Se il Welles che cogliamo in quest’inedito è un mix eclettico di regia, conduzione televisiva e giornalismo, quello che vediamo in The third man è pura recitazione. In questo film di Carol Reed del 1949 c’è un personaggio- Harry Lime- che è presente anche quando non appare, e chi, se non Orson Welles, poteva farsi attendere per più di un’ora? A fare da sfondo all’intrigo riguardo la morte (presunta) di Lime è una Vienna ferita dalla guerra e spartita in quattro da americani, inglesi, francesi e russi. Una città che potrebbe essere cosmopolita ma che è soltanto una terra di nessuno in cui regnano sospetto e paura.

Tutto inizia e finisce con un seppellimento, ma in mezzo ci sono inseguimenti nelle fogne, inquietanti bambini-oracolo e traffici di medicine. Welles veste i panni di un cattivo atipico, cinico, memorabile. Questo personaggio gli resterà attaccato addosso per diversi anni, ma anche lui non riuscirà a dimenticare le immagini e l’atmosfera di The Third Man, palese fonte di ispirazione per Rapporto confidenziale e Il processo. Il film, restaurato da Studio Canal in 4K, sarà riproposto nelle sale americane ed europee, in quelle italiane uscirà a fine agosto.

Beatrice Caruso