Cinefilia Ritrovata prosegue con la pubblicazione di articoli di giovanissimi critici in erba, che posano il proprio sguardo su capolavori del passato. “Tratto dall’omonima novella di Guy de Maupassant, Une partie de campagne non può essere visto lontano da ciò che ha orbitato intorno alla sua realizzazione, poiché ogni contrattempo, ogni imprevisto, ha contribuito a realizzare quello che è il risultato finale. Si parla del maltempo che aveva disturbato le riprese e che aveva portato a modifiche nel copione, del litigio con Sylvia Bataille che portò Renoir a lasciare il progetto, lo stesso progetto che dieci anni dopo venne ripreso in mano dal produttore Pierre Braunberger che decise di affidare il montaggio a Marguerite Houllè, moglie di Renoir.

Nel film, è inevitabile il riferimento alla corrente dell’impressionismo, tangibile nonostante il bianco e nero. L’atteggiamento dei personaggi come i loro costumi, le loro acconciature, l’essenza vibrante della vita di campagna le ombre merlettate degli alberi. Molti di questi elementi trovano familiarità con la pittura del padre, ma il genio attribuibile solo a Jean Renoir vive in tutti i dettagli, nei tagli fotografici e nella potenza delle inquadrature. Si notano ad esempio la ripresa dall’alto della scena in barca, che mostra come il movimento dei remi disegni sull’acqua la sagoma di un cuore, la mano di Henri sulla vita di Henriette e il primissimo primo piano della stessa (Sylvia Bataille), arresa al bacio.

La Chienne è il primo film sonoro realizzato da Jean Renoir. Tratto dal romanzo di Georges de La Fouchardière avente lo stesso titolo, si presenta come una provocazione nel senso gentile del termine, in un certo senso socratica. Il costringere lo spettatore a un’autoriflessione ed è ciò a rendere il film semplicemente intelligente.

Leggendo il titolo, si comincia a farsi un’idea, a dipingere con sicurezza nella propria mente un ritratto di colei che da’ il nome all’opera. Nelle prime scene vediamo perfino il Moulin Rouge fare capolino dall’angolo di una finestra.

All’inizio tutto sembra semplice, quasi prevedibile, eppure il succedersi degli eventi confonde. Lui non è poi così buono, lei non è poi tanto una vittima, l’altro forse non si merita davvero ciò che gli accade. Le certezze della prima impressione vengono sporcate, ritorte.

Diventa impossibile parteggiare per qualcuno, si entra nella trama e si resta pietrificati in quello che è il vero andamento della storia, che viene abilmente velato dal linguaggio semplice, dalle piacevoli battute di spirito. Sempre quel turbine di domande: chi sono io per giudicare? Sono mai stato a un passo da commettere un crimine? Ho mai trattato qualcuno tanto ingiustamente? Chi sono stata per questi novantuno minuti? Chi speravo ne venisse fuori indenne? E’ andata come avrei voluto? Forse.

Sperando di non aver rivelato troppo, conto di aver acceso in alcuni la curiosità, perché, dopo aver visto il confronto tra i fotogrammi danneggiati e quelli restaurati, trovo necessario ricordare che tanta cura c’è stata per un motivo. Certi film vanno visti. Non c’è che sedersi, lasciare che le trame e le figure ci catturino, fare nostre queste storie e lasciare che anche loro prendano da noi ciò che vogliono.

Eugenia Carraro