The man I Killed è una tappa inedita nell’itinerario di Ernest Lubitsch, ma presenta comunque un elemento fondamentale nella poetica del padre della commedia: la finzione a cui sono costretti a ricorrere i protagonisti. Come, per esempio, i ladri di Mancia competente o il gruppo di teatranti di To be or not to be? anche l’ex soldato francese con la coscienza schiacciata dal peso del soldato tedesco da lui ucciso durante la prima guerra mondiale è costretto a recitare una parte per raggiungere il suo obiettivo e per riuscire a superare l’angoscia e il trauma. The man I killed è uno dei film più sinceri ed efficaci sugli effetti della prima guerra mondiale, visti nelle loro conseguenze sull’ex soldato protagonista e sulla famiglia del militare tedesco ucciso. Si mette in scena la devastazione psicologica dei reduci, evidente non solo nel ritratto del protagonista ma anche nella primissima sequenza, dove i rumori della parata militare sono intervallati con le grida di disperazione dei feriti dal conflitto, così come viene rappresentata la sedimentazione dell’odio nelle famiglie coinvolte e, più in generale, negli interi popoli. Una situazione potenzialmente irrisolvibile (e che effettivamente, libri di storia alla mano, sarà così), che si può solo superare, sembra suggerirci Lubitsch, con l’immedesimazione nell’avversario e nell’ex nemico: in altre parole, con la recita e con la finzione. Finzione che quindi qui acquista anche un valore catartico e di rielaborazione del lutto e delle angosce, oltre che a un punto di partenza con cui capire la banale ma non ovvia uguaglianza con l’avversario. Potremmo dire che nel film di Lubitsch la finzione acquista quindi un certo valore politico, come motore di pace che partendo dal privato della famiglia può allargarsi a comunità più vaste. Tutto questo in un gran film profondo e efficace, certamente mesto nel tono, ma in cui il maestro della commedia non rinuncia a regalare, in 2-3 scene, divertenti esempi del suo celeberrimo “Lubitsch’s touch”, e a dare una rappresentazione satirica di aspetti della comunità.
EDOARDO PERETTI