Presentato negli scorsi giorni al Future Film Festival, il volume Studio Ghibli. L’animazione utopica e meravigliosa di Miyazaki e Takahata sta già suscitando la curiosità e l’interesse degli appassionati di animazione. Gli autori sono Enrico Azzano e Andrea Fontana, per i tipi di Bietti e la collana Heterotopia (tra le più vivaci del momento, tra l’altro). Proprio Azzano ci ha concesso un’intervista, che proponiamo di seguito.

1. Come è nata l’idea del libro?
La paternità è tutta di Andrea Fontana, che ha proposto il libro alla Bietti e ha atteso pazientemente che mi decidessi. Su Miyazaki e lo Studio Ghibli avevo già scritto parecchio – la tesi in un’epoca oramai lontana lontana, alcuni saggi, numerose recensioni online e cartacee – e pensavo di concludere il mio personalissimo rapporto critico con due recensioni che si annunciavano dolorosissime: Si alza il vento e La storia della principessa splendente. Alla fine ha prevalso il “momento storico” e la sua contestualizzazione, che è poi la base di partenza e il centro gravitazionale del libro: lo Studio Ghibli di Miyazaki e Takahata è arrivato all’ultimo atto, si è concluso un percorso iniziato ufficialmente nel 1985, ma che ha radici profonde negli anni Sessanta e Settanta, nell’evoluzione dell’industria degli anime. Insomma, un libro che ha confini temporali precisi: un inizio, con i primi lavori alla Toei Dōga, e purtroppo anche una fine.
2. Il rapporto dello Studio Ghibli con l’audience italiana è stato difficoltoso o naturale?
È ancora difficile e non cambierà. Takahata resta un nome esotico, sconosciuto ai più, e i film di Miyazaki incassano poco, anche se il suo immaginario è oramai diventato popolare e il grande pubblico ha iniziato a conoscere Totoro, Ponyo, La città incantata. Ma il discorso andrebbe esteso a tutta l’animazione tradizionale, sacrificata sull’altare della computer grafica, del 3D, delle produzioni standardizzate, prevedibili, seriali e rassicuranti. Un qualsiasi episodio di Madagascar ha dominato il box office, mentre Pom Poko è uscito solo in home video: mi sembra una pietra tombale su qualsiasi ottimistica previsione.
3. Il rapporto tra Miyazaki e lo Studio è quello tra un autore e una “factory” oppure il concetto di autorialità andrebbe rivisto e corretto in questo contesto?
Miyazaki è un padre padrone benevolo, indubbiamente da ammirare ma difficile da seguire e da accontentare. Le sue opere sono ovviamente il risultato di un mastodontico lavoro (e sacrificio) di gruppo, e di un percorso di maturazione artistica che si è giovato della lezione e collaborazione di animatori come Yasuji Mori e Yasuo Ōtsuka, ma qualsiasi aspetto dei suoi film è profondamente miyazakiano, dalle scelte cromatiche e di design alla struttura narrativa e ai temi affrontati. L’asse portante dello Studio Ghibli, sia dal punto di vista economico che immaginifico, è miyazakiana. Takahata è sempre stato una sorta di meraviglioso battitore libero, un regista/autore dall’elevato profilo intellettuale ma non un disegnatore, mentre Miyazaki è regista, disegnatore, character e mecha design e via discorrendo. È un Autore a trecentosessanta gradi, nel senso più completo possibile, un regista che ha il pieno controllo su ogni singolo fotogramma, sul mondo che ha immaginato, sui suoi colori, sui dettagli, persino sul vento che soffia tra le foglie. Ma questo è il bello dell’animazione di qualità, spesso fatta con tanta fatica e con pochi soldi: Miyazaki (e Takahata) hanno potuto realizzare con grandi mezzi il sogno di qualsiasi animatore.
4. Qual è infine il posto dello Studio Ghibli nella storia dell’animazione?
Vale il ragionamento di prima: Miyazaki e Takahata hanno potuto realizzare con grandi mezzi il sogno di qualsiasi animatore. Lo Studio Ghibli è una meravigliosa utopia che si è realizzata grazie al sostegno della Tokuma, al talento e alla volontà dei suoi fondatori, alla risposta sempre più entusiastica del pubblico giapponese. Lo Studio Ghibli è la Disney dei primi decenni, è la Pixar senza fasi di stallo e derive smaccatamente commerciali, è i Fleischer Studios con un po’ di fortuna, è Norštejn con tanti soldi e animatori a disposizione. Lo Studio Ghibli, quantomeno quello dell’era Miyazaki & Takahata, mi sembra un’esperienza irripetibile.