Seconda guerra mondiale, 1940. Bussy, un piccolo paesino francese, viene occupato e invaso dai soldati tedeschi. L’esistenza di Lucile, giovane donna che convive con la severa suocera e aspetta il rientro del marito dalla guerra, viene scossa dall’arrivo di un fascinoso e posato ufficiale tedesco, Bruno, che le due sono costrette ad ospitare nella loro casa. Tra l’uomo e la donna, dapprima distanti, nascerà un sentimento d’amore proibito che deve essere celato.

Suite francese rientra in quella cerchia di numerosissimi film che mettono in scena adattamenti letterari: in questo caso, l’opera di partenza è un potente romanzo incompleto di Irène Némirovsky, autrice ebrea solo recentemente riscoperta, in questo caso, l’opera di partenza è un potente romanzo incompleto di Irène Némirovsky, autrice ebrea solo recentemente riscoperta, deportata e morta ad Auschwitz. La storia del ritrovamento del manoscritto è di per sé carica di fascino: Denise, la figlia maggiore della Némirovsky, aveva conservato per oltre cinquant’anni questa risma di scritti con la convinzione che si trattasse di un diario della madre, troppo doloroso da esplorare e rileggere. Solo in anni recenti ha scoperto che tra quei fogli si celava la prima parte di quello che avrebbe dovuto essere un lunghissimo romanzo sinfonico

Il film di Saul Dibb (già regista di La duchessa) parte da qui e procede senza scosse o imprevisti, in un andamento lineare che rischia di essere fin troppo didascalico. Chiedendo aiuto alla voce fuori campo della protagonista, che narra l’evolversi dei suoi sentimenti, Dibb costruisce un melodramma storico che si regge principalmente sulla bravura dei tre personaggi principali: la bionda e delicata Michelle Williams, l’elegante Matthias Schoenaerts e l’algida Kristin Scott Thomas. La Némirovsky ha spesso raccontato nei suoi romanzi vite femminili e conflitti materni (come nel bellissimo racconto breve Il ballo o nel romanzo Jezabel): il film, non a caso, si apre con Lucile che suona il piano e la suocera che glielo proibisce e lo chiude a chiave, un gesto che sin dai primi minuti delinea il rapporto conflittuale e freddo tra le due donne.

Suite francese prova a riproporre sul grande schermo la struttura corale del libro, ma abbandona pian piano la visione d’insieme per trovare il suo fil rouge nella dolorosa storia d’amore tra Lucile e Bruno, amanti di due fazioni opposte e nemiche, dove amore e guerra difficilmente si conciliano. Dibb poteva, forse, osare di più: il film, ad ogni modo godibile, resta sulla superficie degli eventi osservandoli dall’alto, senza restituirci a pieno la tacita tensione che ritroviamo nel romanzo, una lucida fotografia collettiva di un momento storico dolorosissimo. Nonostante la scrittura asciutta e priva di sentimentalismi, l’opera letteraria della Némirovsky evoca pienamente quelle sensazioni complesse, nebulose e spesso indicibili che a fatica ci arrivano dal grande schermo e che caratterizzano le vite degli individui all’interno di una grande storia spesso crudele.

Letture consigliate: oltre ai romanzi dell’autrice, ripubblicati da Adelphi, va suggerito, della stessa casa editrice, l’autobiografia La vita di Irène Némirovsky di Olivier Philipponnat e Patrick Lienhardt.

Caterina Sokota