Non sorprende che Il manoscritto trovato a Saragozza (Rekopis Znaleziony w Saragossie) fosse uno dei film preferiti da Luis Buṅuel. Il film girato da Wojciech Has nel 1964, presentato come uno degli appuntamenti di punta della sezione dedicata alla nouvelle vague polacca, è un lungo e affascinante viaggio surreale nella Spagna del ‘600, ispirato all’omonimo romanzo del conte polacco Jan Potocki (1805). In paesaggi, toni e atmosfere epicamente picaresche, che inevitabilmente rimandano a La Mancha di Don Chisciotte, le avventure del capitano delle guardie vallone Alfonso Van Worden scorrono tra sogno e realtà, tra passato e presente, e tra storie vissute e storie raccontate e “subite”, il tutto ovviamente indistricabilmente legato e sovrapposto. Saltando tra i vari piani della realtà e dell’onirico, del presente e del passato, Has dimostra una notevole capacità affabulatoria, che rende scorrevole il denso materiale narrativo, oltre che affascinante la visione. A questo contribuisce notevolmente il costante tono umoristico, qua più surreale e laconico, là più ironico e ricco di mordente. Questi sono elementi che in qualche modo ricordano la poetica del grande fan del film Luis Buṅuel. Effettivamente guardando il film di Has, sotto più di un aspetto sembrerebbe di assistere ad un’opera del ben più celebre maestro e regista spagnolo. Questo anche per la presenza di certe tematiche, come le divertite e pungenti rappresentazioni della religione imposta e convenzionale che diventa forma di conformismo e potere e dei riti vuoti e privi di senso della nobiltà/borghesia, senza dimenticare i colti riferimenti artistici e letterari. Meritatamente, quindi, questo divertente e stratificato trionfo del surrealismo è stato uno dei film di maggiore presa della sezione dedicata al cinema polacco della modernità.

EDOARDO PERETTI