Wong Fei Hung viene ricordato come uno dei più leggendari maestri di arti marziali. In Occidente, se si escludono gli appassionati e i praticanti della cultura marziale asiatica, percepiamo il suo nome, o quello di Yip Man, o quelli dei fondatori delle molte scuole di combattimento cinesi, come figure mitiche epicizzate dal cinema di kung fu. E poco altro. Male, perché dietro a quella cultura, capace di generare passioni smodate e ibridarsi paradossalmente con stili artistici lontani (si pensi all’adorazione di certo hip hop statunitense per le arti marziali), c’è una storia millenaria e altrettanta sostanza poetica. Lo scopriremo una volta di più grazie alla rassegna Da Bruce Lee a Wong Fei Hung Tesori dell’Hong Kong Film Archive, organizzata dalla Cineteca di Bologna, che comincia oggi proprio con The Story of Wong Fei Hung (part 1) / Wong Fei Hung’s Whip that Smacks the Candle, cinema Lumière ore 17, alla presenza di Lorenzo Codelli, curatore della rassegna, e Marina Timoteo, Direttrice Istituto Confucio di Bologna. In questa biografia del 1949, Maestro Wong non è ancora un eroe istituzionalizzato, e si mostra spesso volubile. Le coreografie delle scene d’azione, però, prefigurano le tortuose fantasmagorie del kung fu che nei decenni successivi porteranno il cinema hongkonghese ad essere popolarissimo in tutto il mondo.

Alla fine del film, lo stesso Codelli presenterà alcuni estratti da film ritrovati e restaurati dall’Hong Kong Film Archive, raccontando la tradizione cinematografica di quel Paese, e contribuendo nel frattempo a illuminare un fondo archivistico, quello hongkonghese, in grande e rapida espansione, come del resto tutta la cultura conservativa dei paesi “far east”, confermata dal recente seminario sul restauro che l’Immagine Ritrovata ha tenuto a Singapore. E questa stessa sera, altro appuntamento con i lungometraggi asiatici, con la proiezione alle 20 dell’atteso The Orphan di Lee Sun Fung (1960), ultimo film interpretato da Bruce Lee a Hong Kong prima di recarsi a studiare negli Stati Uniti. Lo vediamo in vesti da “gioventù bruciata”, oltre un decennio prima di divenire l’icona kung fu per eccellenza, con una celebre sequenza in cui balla il cha cha cha. Per approfondire il periodo d’oro di Hong Kong, nella torrenziale bibliografia, consigliamo il lucido saggio di Laura Sangalli disponibile qui.