Alta tensione al cinema Arlecchino, persino prima dell’inizio della proiezione noir Il mistero del marito scomparso (1950). Una folla carica di adrenalina è curiosa di scoprire i segreti del film (il cui restauro è stato fortemente voluto da Martin Scorsese), annunciati da Yoram Kahana (Foreign Press Association) in un’introduzione tra ironia ed emozione.

La trama di questo dimenticato film è presto spiegata. In una San Francisco anni Cinquanta, Eleanor Johnson (una Ann Sheridan strepitosa in versione dura dal cuore tenero) viene incastrata in una situazione seccante, quando il marito, unico testimone di un omicidio, sparisce nel buio della notte per scappare dalle grinfie della polizia. Quest’ultima tuttavia non si arrende: sfoga le sue indagini impetuose su Mrs. Johnson, la quale inizialmente sembra disinteressata, turbata, non curante delle sorti del marito. Scena dopo scena, tuttavia, tra momenti di confusione e altri di ilarità, Eleanor viene messa alla prova, si spoglia sempre di più, scoprendo verità sulla sua vita che non considerava da tempo. La sua è una ricerca continua, un’autoanalisi profonda che la porta a dover affrontare l’inammissibile verità di un matrimonio che non funziona più.

In capo a tutto ciò viene costantemente aggiunta la solita tensione di un tardo noir, quella suspense che ti tiene legato alla poltrona, con la schiena dritta e il cuore a mille battiti, gli occhi incollati allo schermo che si dimenticano di battere le palpebre. Il punto di rottura avviene circa a metà, quando un giornalista un po’ troppo apprensivo si rivela allo spettatore come il Dannyboy della scena iniziale. Da lì, questo percorso di (ri)innamoramento dei Johnson viene affiancato ad un labirinto pericoloso, una caccia al tesoro in cui i buoni ed i cattivi si mischiano tra loro.

Attraverso una serie di buffe coincidenze ed uno scavo profondo nel suo passato, Eleanor riesce infine a svelare il messaggio criptico mandatole dal marito; ma pensando di salvarlo in realtà lo mette davanti ad un pericolo mortale. Il culmine, infatti, viene raggiunto in questo luna park, antico luogo d’amore per Eleanor e Frank, dove piano piano le carte si scoprono, e tutti i personaggi si trovano a cercarsi l’un l’altro in un’atmosfera paradossale, tra imprevisti e mancato tempismo che mandano il pubblico in una crisi di adrenalina fino all’ultima battuta.

Esilarante la scena delle montagne russe, le quali personificano lo stato emotivo della protagonista, consapevole del pericolo ma fisicamente bloccata da questa giostra infernale.Woman on the run, con i suoi attimi di terrore che sfociano in un finale dolce ed inaspettato (oppure aspettato fin troppo), è un’esperienza unica e sostanziale, in quanto trascende il genere noir per raccontare una storia d’amore e per insegnare al pubblico una lezione di imprevedibilità e speranza.

Francesca Alberoni