Arianna è nata due volte, anzi tre. Bambino la prima, in una giornata stranamente calda di gennaio, pochi anni più tardi è nata di nuovo bambina, infine, è nata lei. Opera prima del regista Carlo Lavagna, Arianna racconta la storia di una ragazza che all’età di 19 anni si ritrova a non sapere ancora nulla su se stessa e con la voglia di esplorare la propria sessualità senza poterci riuscire. Un ciclo mestruale ancora assente, un seno appena pronunciato e l’incapacità di riuscire a provare piacere durante un rapporto sessuale con un ragazzo, sono le avvisaglie che la portano a capire che in lei c’è qualche cosa che non va. Così, durante le vacanze estive, comincia ad indagare la verità su se stessa, una verità per troppo tempo sottaciuta da una famiglia che molto probabilmente non riusciva ad accettare la sua vera natura.
Arianna è nata ermafrodita e i genitori hanno deciso di crescerla come una ragazza sottoponendola, all’età di tre anni, ad un intervento che le avrebbe asportato la parte maschile presente in lei. Si percepisce la necessità di questa ragazza di uscire da se stessa perché intrappolata in un corpo che non riesce a provare piacere, un corpo destinato a rimanere infantile, androgino, ma con la mente di una donna alla quale è stato tolto il diritto di avere dei figli e il diritto di decidere sulla propria vita.
Tematica non facile da affrontare e che il regista indaga con estrema delicatezza, usa i primi piani ma non diventa invadente, spesso e volentieri sono le immagini riflesse che ci comunicano il disagio di Arianna. Dapprima Arianna si guarda, riflettendosi nel corpo della cugina Celeste, immagine perfetta di quella femminilità che lei non riesce a raggiungere: Arianna desidera essere come Celeste e di sentire quello che la cugina prova mentre sta con il proprio ragazzo.
In seguito possiamo vedere Arianna riflessa allo specchio, vediamo come i suoi occhi scrutino la sua immagine alla ricerca di un’identità che non riesce a trovare e, infine, quando la verità su se stessa viene a galla, la vediamo riflessa nell’acqua di un torrente, quasi a voler lasciar scivolare via l’immagine che aveva di se fino a quel momento, come un volersi liberare dalla confusione su stessa e da qui nascere, per la terza volta. A mancare è un vero e proprio climax, un momento di scontro con i genitori che le hanno tenuto nascosta la verità per anni, c’è solo la voce di Arianna che, arrivata alla conoscenza di se stessa comincia ad accettare il proprio corpo.
È Ondina Quadri, attrice esordiente, a prestare le sue forme ad Arianna, perfette per rappresentare un corpo che non è né maschio né femmina. Nonostante la prima esperienza, in un ruolo sicuramente non facile, Ondina riesce a conferire al personaggio grande intensità e naturalezza, performance che le è valsa il premio “Fedeora” a Venezia, in occasione delle Giornate degli Autori in cui è stato presentato il film. Arianna è un film che fa riflettere e in cui è percepibile l’esigenza da parte del regista di raccontare una storia singolare ma che racchiude in sé il complicato mondo dell’accettazione di se stessi, della conoscenza di sé e della difficoltà che a volte si ha a raggiungere una consapevolezza sessuale.
Valentina Ceccarani