Cinefilia Ritrovata sta seguendo Venezia Classici, sezione dedicata al grande cinema del passato all’interno della 73ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (potete leggere gli articoli precedenti qui). Direttamente dal 1981 – “l’anno del lupo” per l’horror americano grazie anche a L’ululato di Joe Dante – arriva al Lido il restauro di Un lupo mannaro americano a Londra, pellicola atipica capace anche oggi di divertire ed affascinare. Reduce dal successo di The Blues Brothers, John Landis decide di rispolverare una vecchia idea avuta durante un soggiorno in Jugoslavia, realizzando un comic horror unico nel suo genere.

David e Jack sono due studenti americani in viaggio per l’Europa. Persi nella moorland inglese durante una notte di luna piena, si scontrano con un lupo mannaro, che uccide Jack. David viene salvato dagli abitanti di una città vicina e ricoverato a Londra, ma durante la degenza scopre di essere diventato la nuova incarnazione della bestia.

Peculiarità vincente è l’amalgama tra horror e comicità, capace di fluidificare la narrazione tra un bagno di sangue e l’altro. Landis centellina il terrore in un gioco sottile, del quale riesce però sempre a mantenere le redini: i personaggi fanno tutto il possibile per stemperare la tragedia imminente, che al momento giusto sa comunque risultare terribile. Le notti in cui David Naughton abbandona la forma umana per quella di mostro segnano un mutamento nei toni della storia stessa e i fotogrammi si macchiano di rosso sino all’alba successiva.

A rendere coinvolgenti le sequenze più smaccatamente orrorifiche contribuiscono gli effetti speciali, talmente all’avanguardia da fruttare un Oscar per il miglior trucco. Rick Baker, collaboratore di Landis sin dagli esordi e futuro padre della flesh gun del Videodrome di David Cronenberg, sfoggia qui una magistrale combinazione di animatronic e trucco prostetico, rendendo la mutazione ancora stupefacente a decenni di distanza.

La sequenza è filmata in piena luce, senza quelle ombre che molte produzioni utilizzavano per nascondere espedienti scadenti, ed è tutt’ora considerata uno dei migliori esempi di effetti visivi analogici. L’ironia che permea l’opera, presente anche nei momenti più bui (la seconda strage del licantropo ha luogo all’interno di un cinema a luci rosse), fa capolino persino nella colonna sonora: tutti i brani scelti, da Bad Moon Rising dei Creedence Clearwater Revival a Moondance di Van Morrison, strizzano l’occhio allo spettatore con riferimenti alla luna.

Capolavoro dal cult following più che meritato, Un lupo mannaro americano a Londra è un efficace esempio di come la sillabazione postmoderna possa salvare il più vecchio degli spartiti, donando nuova linfa a cliché esausti.

Gregorio Zanacchi Nuti