La 22ª edizione di Visioni Italiane si è conclusa ieri sera con Borsalino City, lungometraggio con cui la giovane documentarista Enrica Viola rende omaggio all’iconico cappello e alla manifattura piemontese che vi ha dato origine.

Sulla scia di un fortunato filone documentaristico che nell’ultimo decennio ha raccontato il mondo della moda attraverso i suoi protagonisti (The September Issue, L’amour fou, Valentino – L’ultimo imperatore), il film ripercorre la storia del marchio Borsalino e del suo affascinante intreccio con la storia del cinema e l’immaginario collettivo. Se nel tempo il Borsalino si è trasformato in oggetto iconico e mitologico (fino a diventare nome comune per designare il celebre modello “fedora”), lo si deve infatti al fortunato sodalizio con Hollywood che a partire dagli anni Trenta lo ha legato indissolubilmente alla figura del gangster.

Alcune interviste a costumisti e divi – tra cui spiccano Piero Tosi, Deborah Nadoolman Landis e Robert Redford – indagano la leggenda nel suo farsi: se nel noir il Borsalino era un facile pretesto per creare effetti luministici suggestivi sui volti dei protagonisti, in Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard il cappello a tesa stretta si trasforma in elemento iconografico, in grado di richiamare istantaneamente ad un immaginario di riferimento. La definitiva consacrazione arriva poi nel 1970 con Borsalino di Jacques Deray (che il 12 Marzo sarà proiettato al Cinema Lumière in occasione della retrospettiva su Alain Delon), ma persino negli anni Ottanta una versione rimaneggiata del modello originale ispira il cappello di Indiana Jones.

Se la relazione con il cinema e la cultura di massa sono ampiamente approfonditi, il documentario non nasconde una vocazione anche sociologica, nell’interesse per la realtà produttiva dell’azienda e per l’enorme impatto sulla città di Alessandria. Lungo un ricco repertorio di fotografie di famiglia e filmati d’archivio si snoda infatti la storia della manifattura, che scorre parallela a quella di una comunità: l’impiego femminile, i bombardamenti, il problema della riabilitazione degli spazi industriali sono tappe che, ad Alessandria, sono scandite dalle vicende del marchio Borsalino, che negli anni Cinquanta sosteneva l’economia dell’intera cittadina.

Efficace nei suoi intenti, anche se velato a tratti di una componente forse un po’ troppo didattica (per esempio nella voce narrante), Borsalino City si configura come progetto produttivamente coraggioso e testualmente stratificato, in cui si intrecciano l’icona, la saga familiare e la storia di una comunità.

Maria Sole Colombo