Dopo le premiazioni di Visioni Italiane 2017, torniamo sul festival (grazie ai nostri inviati) per ricordare alcuni dei titoli premiati e per considerazioni critiche di carattere generale. 

ERA IERI (primo premio)

Alla fine dell’estate, sulle coste del meridione, una tredicenne a capo di una baby gang regala un bracciale rubato alla ragazzina della quale è innamorata. Si contende il suo amore con i maschi della banda, specialmente con quello a cui ha affidato una pistola. Come altri lavori presentati quest’anno in varie categorie di Visione italiane (Il bambino, A Girl Like You, L’albero della piazza, Gionatan con la G, Merlot…), Era ieri, presentato all’ultima Settimana della Critica alla Mostra di Venezia, pone al centro della scena personaggi colti nel crinale tra l’infanzia e l’adolescenza. In questo caso, Valentina Pedicini, che l’ha scritto assieme all’emergente Francesca Manieri, sceglie di soffermarsi sul mondo femminile, trovando nella sua protagonista il corpo in grado di portare avanti un affascinante discorso sullo spazio. Non solo la terraferma, dove la precoce vocazione alla criminalità incrocia una difficile educazione sentimentale, ma soprattutto il mare: nell’incipit, con un audace quanto potente virtuosismo, Pedicini lo riprende sottosopra per poi danzare lentamente fino alla spiaggia in cui tutto torna regolare. È forse il tentativo di individuare nell’acqua un’ipotetica fuga alla predestinazione del presente, una possibilità che questo affascinante coming of age propone alla sua eroina per approdare, infine, a penetrare nelle parole di Alda Merini che motivano il titolo (“Non sono più quella di ieri, non so come sarò domani. Ma posso dirti come sono oggi, con i miei ieri.”). Determinante la calda e mai rassicurante fotografia di Jakob Stark.

 

PENALTY (menzione speciale)

Tema che ha certamente segnato questa edizione di Visione italiane, l’immigrazione è ormai diventato un argomento capace di stimolare riflessioni singolari e non banali come pure lavori spesso ammantati di una retorica comunque necessaria all’analfabetismo civile e alla poca dimestichezza con l’umanità da parte di taluni. Penalty appartiene sicuramente al primo gruppo, soprattutto perché dapprincipio sembra un esempio del secondo filone. Mettendo in scena una partita di calcio tra due squadre di migranti, Aldo Iuliano costruisce un apologo agghiacciante sullo schiavismo contemporaneo che assume progressivamente i connotati dell’incubo grazie agli esperti contributi di Daniele Ciprì (fotografia) e Marco Spoletini (montaggio). Sceglie un luogo, una spiaggia selvaggia, che guarda al mare, cioè laddove il sogno della libertà è stato ormai sostituito dalla tragedia della disperazione. Difficilmente dimenticabile il pallone con cui giocano i poveri calciatori improvvisati in una violenta, cinica, spaventosa variante di Fuga per la vittoria.

 

LA BANDA DEL CATERING (menzione speciale)

Per ottenere il permesso di soggiorno, il capo di una banda criminale di filippini, che si finge titolare di una ditta di catering, è costretto a cucinare a casa del questore. Un brillante racconto ironicamente pulp che a suo modo si mette sulla scia dei più strutturati Jeeg Robot e Smetto quando voglio per la capacità di contaminare la tradizione nostrana con evocazioni internazionali. Pur sfruttando uno spunto un po’ logoro che istiga ad una comicità facilona (l’ingrediente segreto che scatena il caos), Matteo Gentiloni, che l’ha diretto a ventiquattro anni, dimostra una smagliante inclinazione alla commedia da tenere d’occhio. Cinquant’anni fa sarebbe stato il succulento frammento di un film ad episodi.

 

CANDIE BOY (premio Giovani)

Aperti e progressisti, una coppia ha promesso al figliolo un regalo per la promozione; sicché il bimbo chiede una specie di Barbie. Simpatico raccontino esemplare sulla difficoltà di essere genitori, tratteggia con lampi di sommesso umorismo sia il papà che scruta sul ciglio della strada i pallet per arredare il salotto sia la mamma forzatamente tesa all’accettazione dell’imprevisto. Tuttavia, i dubbi e i tormenti degli adulti alla Indovina chi viene a cena? sono il pretesto per arrivare ad un sorprendente finale di disarmante tenerezza. Diretto dalla ventiquattrenne Arianna Del Grosso, è un corto vivace e luminoso con ottime prove attoriali, compreso, ovviamente, il piccolo Riccardo Antonaci.

 

RESPIRO (premio Un altro me)

Curiosamente il mare (i premiati Era ieri e Penalty, A Girl Like You, Domenica, A casa mia, La morte del sarago, Uomo in mare…) e l’immigrazione (a vario titolo, tra gli altri, L’albero della piazza, Babbo Natale, Il bambino, La banda del catering, Del prossimo orizzonte…) sono stati due topos fondamentali del festival. Respiro unisce le due cose, ormai inscindibili nelle cronache quotidiane, senza far mai vedere il primo e facendo solo udire la seconda, nella persona di una rifugiata siriana venuta dal mare e finita in un traffico di vite umane, che a sua volta ha la faccia di un’arcigna faccendiera. Con una regia essenziale, a cui s’accorda una fotografia implacabilmente cupa e livida, Andrea Brusa e Marco Scotuzzi ragionano sul concetto di confine: tra la fuga e la salvezza, l’umano e il non-umano, la vita e la morte. E la loro parabola dolorosa ed inquietante sa andare oltre lo status pedagogico del “film col messaggio” per la sapienza di una messinscena mai retorica.

Lorenzo Ciofani