Ogni corto di questa quarta edizione di Visioni Sarde ha i suoi momenti da ricordare: l’incontro inquietante con due maschere boschive del tipico Carnevale in A Girl Like You; la camera che si impenna all’inseguimento di un aeroplanino di carta in Nella mia Città; un uomo di spalle spiato dall’alto in Noi Siamo il Male; l’inizio di Del Prossimo Orizzonte, quando, prima ancora di capire che assisteremo alla storia di un trafficante di esseri umani, il viso affilato del protagonista che sparisce nel bluastro dell’abitacolo della macchina fa già pensare a un predatore del mare; in Waiting For un rito voodoo in piena regola, messo in scena con grande gusto scenografico; o solo pochi istanti come in Border, stilettata da meno di un minuto.

Il buon livello generale rende difficile il compito della giuria, che alla fine premia Il Bambino di Silvia Perra con menzione speciale a Mario Piredda per A Casa Mia (già vincitore del David di Donatello) e a Bonifacio Angius per Domenica; qui in effetti la musica – già buona – cambia. Scrittura sempre solida, oculatezza in fase di casting e gran padronanza tecnica sono i tratti comuni di questo terzetto di film, altrimenti inavvicinabili per via di tre regie davvero personali.

Intelligente soprattutto nell’uso degli spazi quella di Il Bambino, cronaca della convivenza difficile fra le due mogli di un musulmano, che si apre in maggiore con la scena ariosa di un matrimonio per poi costringerci dolorosamente in un’automobile o tra le pareti di una casa in penombra. Così facendo avvicina in maniera insopportabile i volti, quello in boccio della nuova giovane sposa del padrone di casa e quello provato e sfiorito della prima moglie, e in più aggiunge specchi, silenzi imbarazzati, domande irriverenti; più che nella riflessione diretta sulla poligamia il corto vincitore del primo premio va a segno nella pura e semplice commozione, in un gioco nostalgico così sottile – eccetto forse un finale un po’ enfatico – che non si capisce mai dove finisca l’ostilità e dove cominci la pietà. Impossibile non sentire un tuffo al cuore mentre la prima moglie cerca sul suo viso le tracce della bellezza ormai scomparsa.

Ancora meglio A Casa Mia di Piredda, vero e proprio poemetto in immagini, Fantasticheria semi-muta e stupenda che sfiora con noncuranza temi universali e che parla per volti scavati nella roccia, donne in nero, carcasse di balena cullate dal mare. Eppure, a dover scegliere, forse il vero gioiello è Domenica. Racconto pulp in cui nessuno spara un colpo, commedia in cui nessuno vuole ridere. Finisce e lo si sente incompiuto, non perché gli manchi qualcosa ma perché riesce più grande di quanto non mostri; dopo aver regalato un personaggio clamoroso – grazie anche al carisma e alla bellissima faccia (un po’ Depardieu e un po’ Alfred Molina) di Alessandro Gazale – si chiude in appena diciotto minuti. Certo, in tempi così brevi l’efficacia deve stare per forza nella concisione, ma quando la si raggiunge così perfettamente lascia con l’amaro in bocca, perché questo eroe triste meriterebbe un lungo, anzi una saga tutta sua. Dove andrà dopo? Chi incontrerà? Vorrei sapere del suo lunedì.

Lorenzo Meloni