In occasione del convegno “Produrre cinema indipendente in Europa: le coproduzioni”, tenutosi al cinema Lumière in questi giorni, è stato proiettato Je suis à toi, ultima fatica di David Lambert, una coproduzione belga-canadese. “Non ho amici e famiglia, mandatemi un biglietto e sarò lì”. Questo il messaggio che lancia Lucas dalla sua webcam all’inizio del film. Corpo smilzo e nervoso, viso emaciato, rasatura laterale e tatuaggi: il ragazzo argentino (un convincente Nahuel Perez Biscayart) si prostituisce per fare qualche soldo. Su Internet conosce Henry, che lo invita in Belgio. Lucas decide di partire e, arrivato in una piccola cittadina, i due iniziano a convivere e a lavorare fianco a fianco nella panetteria di Henry.

Di Lucas non sappiamo quasi nulla: la sua vita è tutta al presente, il suo passato una nuvola di fumo. Niente famiglia, niente genitori, attacchi d’ira improvvisi e musica forte nelle cuffie. L’argentina entra nel film solo attraverso qualche espressione pronunciata dal ragazzo in spagnolo, tra l’inglese parlato e il francese che sta iniziando a conoscere. Henry, grasso e bonaccione, condivide con Lucas un letto e dell’amore svogliato; sarà l”incontro con Audrey, commessa della panetteria, e suo figlio a cambiare il corso di queste esistenze.

Je suis à toi è un film asciutto, che cresce piano piano, in un intreccio di rapporti e relazioni inusuali eppure restituiti con estrema naturalezza: quella tra Henry e il ragazzo, un amore omosessuale che Lucas non desidera ma a cui si presta, abituato ad intendere la sessualità come un patto di denaro; il sentimento sincero che nasce altrettanto lentamente tra Lucas e Audrey, donna rimasta vedova, e si nutre di sguardi, gesti minimi e tempo; i momenti condivisi tra Lucas e il bimbo di Audrey, al lunapark o prima di addormentarsi.

Nel precedente Hors les murs (2012), Lambert affrontava con assoluta normalità il racconto di una storia d’amore omosessuale, attraverso un percorso di crescita e scoperta. Anche qui è l’amore a farla da padrone, senza vincoli ed etichette, rubato ed ottenuto, desiderato e conquistato. Nella solitudine di Lucas, un personaggio che matura lentamente, grazie ad Henry ed Audrey si aprono spiragli di serenità, che conferiscono al film una leggerezza inaspettata. Una camera mossa con sapienza ed un montaggio oculato rendono Je suis à toi un film a tratti crudo e disilluso ma estremamente vitale, che evita la lacrima facile e le conclusioni affrettate.

Caterina Sokota

 

 

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“Mandami dei soldi, oppure comprami un biglietto. E sarò tuo”. Lucas si guadagna da vivere prostituendosi tramite internet e quando viene chiamato in Belgio da Henry, il ragazzo coglie l’occasione per abbandonare l’Argentina.

David Lambert, nel suo terzo lavoro, torna a parlare di omosessualità e nuovamente descrive un triangolo tra i protagonisti, come nel precedente Hors les Murs. L’improbabile coppia Lucas-Henri viene sconvolta dalla presenza di Audry, giovane madre che si sta riprendendo dalla morte del marito. Lucas oscilla tra lo sgraziato panettiere e l’inconsolabile donna e ogni suo movimento fa soffrire irrimediabilmente un vertice di questo triangolo. Nonostante i tentativi dei personaggi di formare dei legami tra di loro, ciò che emerge è un profondo racconto della loro solitudine. Lucas si muove senza una meta, a volte verso Henri, dispensandogli speranze e colmando la sua ansia di un legame stabile, altre volte si avvicina a Audry in un rapporto mai completamente definito. In questo film il regista cerca di entrare nell’intimo dei personaggi, senza giudizi o connotazioni negative. Lo stesso Henri, che all’inizio sembra essere solo un cliente prepotente e sgraziato, nel corso della narrazione acquisisce un lato più umano. La scena in cui si muove leggiadro sulle note di Offenbach, danzando tra i macchinari della panetteria, lanciando farina e volteggiando tra i tavoli, sancisce la delicatezza e la fragilità dell’uomo.

Questo film tratta la prostituzione maschile da un punto di vista originale e realistico. Ben presto Lucas non è più solo un acquisto di Henri, ma un personaggio a se stante, con una volontà e una capacità di azione. Qui nasce una critica interessante alle regole della prostituzione, in cui spesso il cliente crede di acquistare anche i sentimenti. Infatti Henri, fin dall’inizio, si illude di aver trovato un compagno, qualcuno grazie al quale alleviare le pesantezze della vita e per buona parte del film presenta il giovane argentino come il proprio fidanzato. Ma in realtà non è così, perché in questo mondo si riceve ciò per cui si paga, e anche se Lucas cerca in tutti i modi di assecondare il suo acquirente, i sentimenti e le emozioni non si possono monetizzare. Non si può comprare un uomo nella sua interezza, ma solo un servizio e l’individualità del ragazzo esce violentemente, rifiutando le costrizioni che il vincolo del denaro gli impone, si dimena nella sua instabilità, costruendo la propria esistenza. Anche se ci si dimentica presto del mestiere di Lucas, i piccoli accenni che vi fa il regista sono estremamente veritieri: il rapporto con i medici, le agenzie di uomini a pagamento, il rapporto con il cliente.

Tutto il film è pervaso da un drammatico realismo e la dinamica narrativa, grazie a potenti colpi di scena e alla trama complessa, sembra voler costantemente sovvertire le aspettative dello spettatore immerso in un mondo in cui niente può essere dato per scontato. Anche gli elementi comici o surreali hanno la funzione di riportare il film a un concreto realismo, mettendo ancora di più in luce la solitudine e il bisogno d’amore dei protagonisti.

Chiara Maraji Biasi