Cinefilia Ritrovata vuole dedicare un ricordo ad un grande attore (semi-dimenticato) che ieri avrebbe compiuto 93 anni: Walter Chiari era nato sotto il segno dei pesci, l’8 marzo del 1924 a Verona da genitori di origini pugliesi. L’uomo che amava le donne nato il giorno della festa della donna.
Nella sua vita da subito si susseguirono episodi degni di essere raccontati, e forse per questo, per il fatto di avere avuto un’esistenza straordinaria, egli si cimentò da subito nell’arte dell’intrattenimento. Uno degli episodi che amava ricordare per mettere in luce la spontaneità del suo esordio di attore, era della volta in cui venne licenziato perché scoperto da un superiore mentre imitava Adolf Hitler in piedi sulla scrivania; chiamato dal capo ufficio e invitato a ripetere lo sketch in sua presenza, venne prima applaudito, e poi invitato a perseguire una carriera in teatro fuori dall’ufficio.
La carriera cinematografica di Walter Chiari, inizia nel 1947 con Vanità di Giorgio Pastina e per questo esordio Walter riceverà direttamente dalle mani del Sottosegretario allo Spettacolo Giulio Andreotti, il suo primo e ultimo Nastro d’Argento. Successivamente Walter avrebbe girato quasi 110 film attraversando diversi filoni del cinema italiano (soprattutto film comici) ed ornato la sua filmografia di preziose collaborazioni con i più grandi nomi del cinema internazionale da Alessandro Blasetti, Ettore Scola, Mario Monicelli, Damiano Damiani, ad Orson Welles, da Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Mario Soldati e con lussuosi camei al fianco di Ava Gardner, Michele Morgan ed Otto Preminger.
Nonostante le occasioni non gli siano dunque mancate WC è stato solo per un breve periodo (fra il ‘48 e il ‘54 girò ben 33 film!) una vera stella del cinema italiano, ma senza mai toccare i fasti di alcuni suoi coetanei lanciati simultaneamente nel firmamento delle star internazionali, come Sordi, Gassmann o Tognazzi. Walter probabilmente non seppe percorrere la strada del cinema con quella professionalità e quell’impegno richiesti ad un candidato divo del grande schermo. Ed egli stesso si rammaricava di questo ricordando di frequente “Sordi disse una cosa che mi è dispiaciuta perchè era vera: Walter aveva il cinema in mano nel ‘46, ‘47, ‘48, ‘49, ‘50. ‘51, ‘52, ‘53,’54……e poi ….se l’è lasciato scappare”. (Citazione Tratta dal programma televisivo a cura di Tatti Sanguineti Walter Chiari, Storia di un altro italiano, Rai Tre 1986).
WC è stato sempre un cane sciolto, non si fece addomesticare né dai registi né dai produttori né tanto meno dai soldi. Sceglieva spesso i suoi copioni in base ai luoghi dove i film sarebbero stati girati: Ischia, Capri, Napoli, Taormina, Costa Azzurra, CopaCabana. Riusciva perfino a fare le vacanze in certe ore di pausa dalle riprese, così “a un film bellissimo con grande regista e fantastica sceneggiatura” preferiva “una storia banale, leziosa quasi inutile purché fosse ambientata in riva al mare”. Perché quando si girava al mare lui ogni tanto spariva per fare un bagno, pescare, mangiar del pesce: Walter era la disperazione delle produzioni.
Portava avanti la sua attività cinematografica spesso in contemporanea a quella teatrale, trovandosi a girare un film nei ritagli di tempo tra una tournée e un’altra o addirittura nelle ore successive agli spettacoli (come nel caso de La Rimpatriata di Damiani tutto girato di notte per 45 giorni a Milano quando Walter si recava sul set). Del resto WC non dimenticò mai il suo primo amore, il teatro. Dopo il debutto nel 1944 e il fragoroso successo appena due anni dopo come capocomico della compagnia di Marisa Maresca, non avrebbe mai immolato le gioie della ribalta e la spontaneità degli applausi ai tour de force dei riflettori o alla meccanica ripetitiva della messa in scena e registrazione cinematografica. Walter amava dire che lui non tradì mai il teatro. Perse il treno del cinema forse per questo, ma consegnò tutto se stesso alle platee di tutta Italia che si recavano entusiaste ai suoi spettacoli.
Queste sono solo alcune delle motivazioni che spiegano il perché un grande attore, un comico geniale, l’inventore di immortali sketch come il Sarchiapone o il Balbuziente, sia riuscito a dissipare il suo talento fenomenale lasciando un segno solo parzialmente indelebile nella storia del cinema italiano. Ardua fatica dunque quella di individuare le cause di una palese contraddizione: l’egregia espressione del suo talento in ambito teatrale (negli anni della rivista e dell’avanspettacolo) e la sconsiderata dissipazione dello stesso in campo cinematografico.
Lo studio analitico dei suoi film permette di raggiungere una particolare dimestichezza con i personaggi messi in scena da Walter al cinema, con la tipica morfologia dei film, strutture interne e personaggi di contorno spesso ricorrenti. Quel che è certo è che l’intera carriera di Walter come attore è stata caratterizzata da un continuo scambio simbiotico con le vicende della sua vita privata, che in maniera quasi osmotica è sempre entrata nei suoi sketch, che essi fossero scritti o improvvisati. La sua rapida ascesa e fulminea discesa dall’Olimpo dello Star System è stata irrevocabilmente segnata da questa simbiosi con la sua vita e soprattutto dalle mille mancanze che ne sono poi derivate. Come per esempio la totale assenza di affidabilità, reperibilità o conducibilità come attore sul set. Il fenomeno Walter Chiari ha comunque segnato un’epoca del Cinema Italiano cavalcando la cresta dell’onda dei botteghini per almeno 10 anni (dal 1952 al 1962-63), godendo di un vastissimo favore di pubblico e dell’etichetta di divo che raramente gli attori nazionali hanno saputo onorare (spesso enfatizzata poi da quella parallela di latin lover che riempì i rotocalchi di mezzo mondo con le sue foto al fianco delle più belle donne di sempre, Lucia Bosè, Anna Magnani, Alida Chelli, Mina e persino Anita Ekberg e Ava Gardner).
Walter non fu mai inserito nella lista dei “colonnelli” del cinema italiano, rimase sempre al margine, in una specie di limbo professionale…questo anche per il rapporto che egli stesso ebbe con il cinema (e non solo il cinema con lui) considerandolo alla stregua quasi di una attività stagionale estiva, anziché un impegno professionale irrevocabile. Walter non si diede mai al cinema con totale dedizione, il cinema per lui non fu mai in cima alla lista delle priorità, e la settima arte gli restituì il favore negandogli la gloria e il riconoscimento che avrebbe potuto avere.
Walter resta soprattutto un comico beneamato, il più amato dal suo pubblico. Il suo nome a volte era più grosso sulle locandine dei film o nei titoli che come presenza sulla pellicola, perché faceva da richiamo, se compariva sui cartelloni la gente si recava al cinema o a teatro. Walter era un comico nazional-popolare e multi regionale, non ha mai rinnegato le sue radici e, forse anche questo lo penalizzò, la sua comicità non fu mai romanocentrica, ma di volta in volta milanese, veneta, pugliese.
Per ricordarci della sua grandezza sono tre i film che vi suggeriamo di rivedere: Donatella di Mario Monicelli dove interpreta il ruolo di popolare fidanzato della protagonista all’interno del fiabesco affresco monicelliano; La rimpatriata di Damiano Damiani in cui si respira tutta l’amarezza dei fallimenti esistenziali che accomunano il protagonista Cesarino all’attore che lo impersona e Il Giovedì di Dino Risi in cui è tracciato, con estrema tenerezza e veridicità, il profilo di un padre maldestro che si impegna, con tutti i suoi limiti di uomo medio e non di successo, a riconquistare l’amore di un figlio che vorrebbe vederlo come eroe. E poi potreste sempre rivederlo in una delle parti più autentiche e calzanti a lui assegnate dal genio di Visconti, in Bellissima dove al fianco di Anna Magnani Walter si immortala nel ruolo del fascinatore “scapigliato” come lo definisce Nannarella e con la sua “faccia da lenza” piglia un sacco di simbolici schiaffoni da Anna e dalla vita, che ci pensò poi da sola a rimetterlo in riga al suo posto, in seconda fila.
Francesca Divella