Con la prima visione di Django Unchained e in occasione della retrospettiva sullo spaghetti western al Lumière, raccomandiamo il bellissimo saggio di Alberto Pezzotta, Il western italiano, edito da Il Castoro, dove l’autore – con strumenti nuovi e ricerche di prima mano – rilegge tutta l’epopea del genere, relazionandolo al clima sociale e culturale di riferimento, e smentendo alcuni luoghi comuni sulla critica dell’epoca. Cinefilia Ritrovata ha chiesto a Pezzotta (già autore del solido studio Ridere civilmente – Il cinema di Luigi Zampa per le edizioni della Cineteca di Bologna) alcune rapidissime riflessioni.

L’EREDITA’ DEL WESTERN ITALIANO E’ PURAMENTE CINEFILA O PUO’ DIRCI QUALCOSA DI PIU’ SU STORIA, SOCIETA’ E CULTURA NAZIONALE?

L’eredità cinefila è quella che mi interessa di meno. Il western è stato un genere originale, nato in un momento storico preciso, che ha espresso sogni e bisogni degli italiani: l’arrivismo e il cinismo post boom, ma anche le inquietudini pre-68ine, il bisogno di giustizia sociale e l’eco delle rivoluzioni nel “terzo mondo”.

DI CONSEGUENZA IN CHE MODO OGGI LO SPETTATORE PUO’ GUARDARE QUEI FILM NEL CONTESTO DI UN CINECLUB O DELLA FRUIZIONE HOME VIDEO?

Rimettendoli nel loro contesto. Nel 1966 Vancini veniva censurato perché parlava di comunisti in Le stagioni del nostro amore, mentre Sollima poteva fare un’anatomia del fascismo in Faccia a faccia, perché usava la metafora del western, che sembrava più innocua.

CI PUOI FARE QUALCHE BREVE CENNO SUL RAPPORTO TRA WESTERN ITALIANO E CRITICA DELL’EPOCA?

Un rapporto non univoco, anche se ignoranti e superficiali pensano che la critica dell’epoca non capisse questo genere. Nel 1964 Kezich e Soldati reagiscono a Per un pugno di dollari con stroncature, poi tornano sui propri passi: Soldati capovolge addirittura il giudizio, Kezich scrive cose illuminanti ancora oggi (il paragone tra i personaggi imperscrutabili di Leone e quelli di Antonioni). Su “Vie nuove”, settimanale del PCI, Spinazzola guardava i western italiani in modo molto positivo, era un grande fan di Tessari!

IL WESTERN ITALIANO AVEVA CARATTERISTICHE COMUNI AD ALTRI GENERI “NON AUTOCTONI” DEL NOSTRO PAESE O VIVEVA DENTRO UN UNIVERSO PRODUTTIVO A SE STANTE?

Il western ebbe un peso produttivo e un’importanza commerciale enorme, non paragonabile a quello di generi “piccoli” come horror, spionistico ecc. Su diverse centinaia di film, molti nascevano produzioni improvvisate. Ma non era la regola. Leone, Corbucci, Tessari, Sollima hanno sempre lavorato con i migliori tecnici e sceneggiatori sulla piazza, gli stessi che lavoravano con i grandi autori.