“Considerare colonna sonora di Meisel soltanto nella sua componente musicale, significa non comprendere il suo obiettivo. Certo, occasionalmente vi è un tema musicale, ma questa colonna sonora si può descrivere perfettamente come un commento al film e allo stesso tempo una sua componente, un simbolismo auricolare che armonizza ritmicamente ed emozionalmente con le sequenze di immagini che rinforza.”

Nel descrivere la colonna sonora composta da Edmund Meisel (Berlino: Sinfonia di una grande città, La montagna dell’amore) per La corazzata Potëmkin, William Hunter riesce a cogliere il senso ultimo di una musica talmente pionieristica che, ancora oggi, sorprende grazie alla sua essenza complessa e alla sua incredibile potenza. Lo stesso vigore con cui la sinfonia della nave da guerra più celebre del cinema irrompe nella cornice di una Piazza Maggiore viva e pulsante, con una proiezione musicata dal vivo dalla Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna condotta da Timothy Brock. Un’esperienza che ha potuto concretizzarsi grazie alla sinergia di storici del cinema e all’impegno di archivi che spaziano dalla Russia agli Stati Uniti, e dalla Gran Bretagna alla Germania, a cui va il merito di aver finalmente ripristinato la versione originale del capolavoro di Ejzenštejn e della colonna sonora di Meisel.

Sono passati ben 92 anni dalla sua prima proiezione, tuttavia La corazzata Potëmkin è sempre in grado di rinnovare lo stupore di chi assiste alla sua messa in scena. Liberamente ispirato a un episodio che portò alla prima Rivoluzione Russa del 1905, il dramma collettivo in cinque atti del Potëmkin si snoda attraverso la più classica delle forme – quella della tragedia, apportando quelle innovazioni stilistiche che ne decretarono – giustamente – il suo innalzamento a oggetto di culto nei fumosi cineclub degli anni ’70. Proiezioni in cui il montaggio delle attrazioni del film di Ejzenštejn, anche se spogliato della sua colonna sonora, era sviscerato nelle sue componenti fondamentali: dai vermi nella carne alla carrozzina, fino all’occhio della madre.

Immagini - o cinepugni, che hanno contribuito a scolpire nella memoria collettiva un film che, anche i più indifferenti, hanno visto più o meno direttamente: che si tratti della fantozziana rivincita dell’uomo medio o del lirismo di Ettore Scola di C’eravamo tanto amati. Tuttavia è il tema del film che, senza un eroe o un vero protagonista, spiazza ancora oggi con la sua cruda vitalità con il recupero di quei valori fondamentali individuati che, tanto tempo prima, erano stati propri di un’altra rivoluzione. Libertà, Uguaglianza, Fratellanza.