Dominique Marceau è giovane e bella, vive la sua vita da Rennes a Parigi disinibita e indipendente da ogni forma di convenzione e finzione borghese e Brigitte Bardot incarna perfettamente gli accordi e disaccordi di questo personaggio: lontana e “straniera” rispetto alla società contemporanea e, nello stesso tempo, animata da un forte bisogno d’amore, Dominique vedrà e proietterà tale parte mancante di sé stessa nella figura di Gilbert Tellier.

La verità si consuma tra un’aula di tribunale non dissimile ad un teatro e  numerosi flashback che raccontano l’esperienza di Dominique a Parigi, dall’arrivo all’incontro con Gilbert fino al suo omicidio. Caratterizzato da battute sagaci e un’ironia che mitiga alle volte l’estrema drammaticità della vicenda, La verità consacra un’attrice spesso e ingiustamente biasimata, rendendo giustizia tanto alla sua bellezza e fisicità dirompenti quanto alla malleabilità della sua presenza e bravura. Con questa storia ambientata agli inizi degli anni Sessanta, Clouzot definisce il preludio di quel distacco generazionale che poi culminerà negli scontri di fine decennio, mostrando chiaramente i presupposti del progressivo venir meno dell’autorità genitoriale.

Jean-Paul Sartre sosteneva che non c’è alcuna morale da rispettare se non quella che ci si crea da soli, e che il proprio essere nel mondo è vincolato unicamente alle condizioni che ognuno è in grado di crearsi; in tal senso, Dominique non è qualcosa di bello e fatto in partenza, né si rassegna al tentativo altrui di arrestare il suo flusso vitale in forme prestabilite, plasmando da sé i criteri della propria morale.

Non è tanto l’omicidio a condannarla da parte della corte, quanto il suo essere diversa, non inserita, straniera alla stregua del personaggio di Albert Camus, interpretato da Marcello Mastroianni nel film Lo straniero di Visconti. Entrambi stranieri al mondo di tutti, chi vede nella morte la fine di ogni cosa, patimento e dolore e chi, come Dominique, ancora una velata speranza sorgere dal sudore delle pietre della cella carceraria. Perciò, il suo suicidio, ripreso da quella disturbante, ma commovente inquadratura finale ha in sé una duplice valenza: c’è del romanticismo in quest’ ultimo soffio vitale, ma anche la soffocata ribellione di una donna che aveva semplicemente vissuto la sua vita.