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“Tenente Kiže” di Aleksandr Fajncimmer al Cinema Ritrovato 2018

Tra i teorici del cinema russo della seconda metà degli anni ’20 c’è una certa diffidenza nei confronti del sonoro, specie per i film recitati. A dire la verità c’è anche una certa diffidenza verso i film recitati in genere, ma questa è un’altra storia. Fatto sta che ancora nel 1927, Juryj Tynjanov, sceneggiatore del Tenente Kiže, sostiene, in Le basi del cinema, che lo specifico filmico sia da ricercarsi nella ‘povertà’ del mezzo, dovuta all’assenza della terza dimensione, del colore e del sonoro. Date queste premesse, la specificità del cinema può emergere solo attraverso l’elaborazione stilistica, nel momento in cui l’immagine, rinunciando alla riproduzione del reale, trasforma la sua povertà in forza costruttiva. Perciò, lo scopo di un film non è di restituire il mondo visibile in quanto tale, ma nelle sue correlazioni di senso, ossia di rivelare l’artificio in vista di un fine poetico.