Hiroshi Kawaguchi (Heiichiro Okawa) è tutt’altro che uno studente modello. Tutto cambia quando capisce che la madre ha speso tutti i soldi che aveva pur di farlo studiare e permettergli un futuro migliore. Infatti, il lavoro da sarta della donna non gli garantisce di avere i soldi necessari per pagare sia un affitto, sia la retta scolastica del figlio, per questo motivo decide di trasferirsi in una residenza di geishe.
Chijo di Kozaburo Yoshimura è ambientato nel periodo Taisho (1912-1926), un’epoca in cui si sentono fortemente gli echi della Grande Rivoluzione Socialista russa, e quindi i moti di operai, contadini e soldati. Il vero protagonista di questo film è la fabbrica di ceramiche di Kanazawa (conosciuta anche come la “piccola Kyoto”) e la rivolta degli operai, donne e uomini, giovani e vecchi, che decidono di creare una sommossa contro i padroni per ottenere maggiori diritti: aumento del salario e più giorni di riposo.
Chijo segue quindi due importanti linee narrative che corrono parallele e a volte si incrociano. La prima è la storia di Hiroshi, delle sue scoperte ideologiche, delle relazioni amorose e degli innamoramenti, ma anche delle rivelazioni importanti sulla storia originaria della sua famiglia. Il ragazzo proviene infatti da una stirpe molto importante e come gli viene detto da un suo maestro, ora che ha perso tutto può ritenersi fortunato perché si trova nella situazione ideale per poter ripartire.
Alla sua storia si intreccia quella della povera Fukai, anch’essa figlia di una famiglia aristocratica caduta in rovina, che viene venduta come geisha e che vede tutti i suoi sogni di felicità, speranze amorose e la sua giovinezza sfiorire, arrivando addirittura ad avere pensieri di morte.
Hiroshi esprime a suo modo la sua nuova coscienza politica, soprattutto infischiandosene della gerarchia tra le classi sociali, ma non è davvero in grado di imporsi all’interno della narrazione, dove tuttavia spiccano i personaggi femminili con tutta la loro tragicità e speranza ottimistica di un futuro migliore.
Il sentimento di sovvertire il sistema e i principi socialisti si trovano già all’interno dell’omonimo romanzo di Seijiro Shimada, che ottenne notevole successo nel 1914, infatti lo sceneggiatore Kaneto Shindo decise di mantenere questa seconda linea narrativa, costruendo insieme a Yoshimura un film estremamente politico. A livello visivo ci si trova difronte ad una città dalle tonalità vivaci, dai paesaggi incontaminati dalla modernità e ad un’ambientazione bucolica che è perfettamente concorde con la malinconia di quella gioventù e dei loro innamoramenti.
Una sequenza in particolare, quella in cui il protagonista e la sua amata si incontrano, è sospesa in un paesaggio tra sogno e realtà. A trasmettere questa idea, non ci sono solo alberi rigogliosi e petali sparsi, ma anche i delicati movimenti di macchina di Yoshimura che riprendono in un primo momento i due ragazzi dall’alto, poi da vicino sdraiati, a sfiorarsi le labbra dolcemente e poi con più foga, per poi allontanarsi nel momento della triste decisione.