Il grande regista King Vidor torna sul grande schermo con la commedia muta Fascino biondo che sarà per l’attrice protagonista, Marion Davies, il “punto più alto della sua carriera”. Insieme faranno altri due film: Maschere di celluloide e Not So Dumb (Gabbia di matti, 1930). La carriera della Davies risentì molto della crudele affermazione di Orson Welles, in Quarto Potere, di cui egli si scusò troppo tardi, ed ormai era vista da tutti solo come uno zimbello.

Come ha affermato Kevin Brownlow (Premo Oscar Onorario nel 2011) nella sua introduzione: “Fu una tragica ironia il fatto che lei fosse in realtà una delle migliori attrici comiche mai uscite da Hollywood. Spesso descritta come una donna generosa, molto aperta e alla mano, ma che fu anche l’amante di William Randolph Hearst. Così il ricordo dell’attrice è rimasto un po’ offuscato dalla sua leggenda”.

Fascino biondo la vede protagonista di una favola, una nuova Cenerentola. Pat è però una Cenerentola dal taglio diverso, una donna che, stufa di ciò che le capita, vuole cambiarsi per conquistare l’uomo dei suoi sogni. È follemente innamorata dell’architetto Tony che è invece troppo impegnato a pensare alla sorella di Pat per accorgersi di lei e di tutto ciò che gli sta intorno. Così Pat, cerca di trovare la propria personalità, attraverso una serie di travestimenti: imitando lo stile di attrici e personaggi famosi come Gloria Swanson. Costantemente presa di mira dalla sorella maggiore e dalla madre è spesso trattata come una sguattera in casa sua. L’unico che le presta attenzioni e affetto è il padre: sempre suo complice.

Fascino biondo è una commedia divertente che, in certi momenti, sprofonda nel melodramma di una giovane sognatrice. Una donna dal carattere forte che non vuole sottomettersi e, per certi versi, infrange il ruolo sociale della donna dell’epoca. Precedendo così, la figura della donna dalle caratteristiche sovversive e di conseguenza emarginata di alcuni film degli anni quaranta.

King Vidor aveva da poco acquistato grande successo come regista con il film La Grande Parata, 1925, in cui intrecciava alla tragedia del conflitto una storia romantica, alterando situazioni di guerra a scene sentimentali. “L’impatto e il successo del film consentirono a Vidor di conquistare la fiducia del grande tycoon della MGM Irving Thalberg e di poter affrontare soggetti di un certo anticonformismo e, in particolare di indagine e riflessione sul sociale. Tra questi La Folla, 1928. […] La sua produzione registica proseguirà fino agli anni Cinquanta, con un eclettismo e un mestiere ormai consumato che gli consentirono di affrontare diversi tra i generi classici […].” (Giulia Carluccio).

Ha suonato, per accompagnare la visione in Piazza Maggiore, l’eccezionale gruppo The Sprockets con musiche scritte e dirette da Maud Nelissen.