Tre giovani cinefili francesi seguono l’arte di amare di Jean Douchet, novant’anni d’irriducibile amore per il cinema e generosità verso un sapere che tuttora vibra nei cuori e nelle menti dei suoi più grandi adepti, tra Aranaud Desplechin e Xavier Beauvois e altri appassionati che non possono fare a meno di ascoltarlo. Il titolo L’enfant agité nasce da una piacevole casualità: il rinvenimento della sceneggiatura per un lungometraggio scritta da Douchet e risalente alla fine degli anni ottanta. Non c’è dato sapere il contenuto, né di che genere tratta; la sola cosa che si è colta dallo sguardo dello storico produttore Said Ben Said, intervistato dai due registi, è una sua componente scioccante.
Tuttavia, conoscendo la personalità eclettica del critico, non ci sarebbe stato titolo più adeguato di L’enfant agité – Il bambino irrequieto – per un documentario sulla sua vita. Cineasta senza film, professore senza cattedra, padre senza figli e amante senza compagno, Jean Douchet vive il suo essere antidogmatico e convenzionale nella maniera più limpida e trasparente possibile anche quando ammetterà senza riserve di non aver mai conosciuto un certo tipo di amore. L’unico amore che ha segnato la sua esistenza, e quella di altri grazie alle sue parole, è stato per il cinema, un cinema totale, che con un solo colpo d’occhio era in grado di cogliere ogni caratteristica e minuzia, senza mai, però, sfociare nell’arroganza intellettuale o in una “cinefilia feticista” che si rifugia nei film per paura di vivere la vita.
Jean Douchet - L’enfant agité segue un ritmo incalzante, dinamico come lo stesso protagonista e con brevi intermezzi domestici, dove si consumano le discussioni filosofiche e cinematografiche dei registi e Douchet che alla domanda canonica, cruciale e scomoda, “Temi la morte?” risponderà, alla stregua di un Seneca o filosofo cinico della Grecia del IV secolo, che la morte è parte della vita e di quel processo continuo di creazione e distruzione la cui complementarietà favorisce l’esistenza.
Tale omaggio toccante e commovente a Jean Douchet ripercorre momenti essenziali della sua vita, dalla fondazione di La Gazette du cinéma alla collaborazione con i più grandi e noti critici dei Cahiers, per terminare con le lezioni che ancora oggi tiene alla Cinémathèque, nel costante bisogno di dialogo e confronti con studenti e ascoltatori. Emblematico è il breve intermezzo dove si sente la spiegazione di Douchet accompagnare una scena di Aurora di Murnau, per l’efficacia della sua esegesi quasi poetica che soddisferebbe il voyeurismo e la curiosità di qualsiasi cinefilo.