Dopo il fiume lungo il quale è ambientata la malinconica commedia Unter den Brücken (1946), è ancora l'acqua a fare da sfondo al thriller da camera (anzi, da barca) La traversata del terrore, realizzato nel 1950. Se nel primo caso il contesto storico politico riecheggiava in maniera indiretta nell'atmosfera malinconica di fondo della vicenda sentimentale, qui il presente del paese viene affrontato da Helmut Käutner di petto, senza pietà.
Il regista tedesco rinchiude in uno yacht una serie di personaggi in qualche modo legati al recente passato nazista e al presente della ricostruzione, molti dei quali ambigui e con più di uno scheletro nell'armadio; c'è il ricco industriale, il gerarca riabilitato, l'agente segreto straniero e altre figure, nel male più che nel bene, emblematiche e decisive. Un ritratto, insomma, delle zone d'ombra e dei personaggi ambigui che hanno popolato il secondo dopoguerra tedesco. Il variegato gruppo si ritrova all'interno dello yacht per festeggiare un matrimonio, ma la già non particolarmente gioviale atmosfera viene interrotta dalla notizia che sull'imbarcazione c'è una bomba in procinto di scoppiare; le ricerche dell'ordigno sono vane, e la resa dei conti è inevitabile.
Particolare è la struttura del film che racconta la vicenda da tre ottiche differenti, avvicinandosi, in una sorta di climax, sempre più al fulcro della questione; prima con i titoli dei giornali, poi seguendo l'indagine di un giornalista interessato a ricostruire la vicenda del naufragio, collaborando con l'unica superstite (l'unica figura veramente pura del gruppo) autrice di disegni ispirati alla tragedia, e infine con la ricostruzione dei fatti. La traversata del terrore è un film cupo, torbido e severo, quasi un processo nei confronti dei personaggi e di ciò che rappresentano; la notizia della bomba toglie il velo ad ogni finzione e fa sì che esploda la malvagità profonda di ogni personaggio, fino al finale, un po' moraleggiante, in cui si compie la loro condanna.
Che è anche, di conseguenza, la condanna di un intero periodo, attraverso la quale Käutner porta alla luce gli aspetti più torbidi degli anni di passaggio dal regime nazista alla ricostruzione. Un film importante come testimonianza storica e come presa di posizione, e che, come noir, acquista ritmo e tensione man mano che la narrazione avanza, fino ad una parte finale che lascia incollati alla sedia. Il regista tedesco regala anche alcune soluzioni visive interessanti e affascinanti; si veda, per esempio, l'utilizzo dei disegni realizzati dalla donna superstite, oppure lo splendido, a livello visivo e di utilizzo degli spazi e delle loro geometrie come per il pessimismo e la cupezza che trasmette, finale.