Malombra è uno dei film divistici più importanti e particolari della storia del cinema italiano infatti, è insolitamente caratterizzato da uno stile narrativo gotico e fantastico. Come ha detto Nicola Mazzanti nella sua introduzione alla proiezione: “è un esempio di quello che il cinema avrebbe potuto essere e che non è mai stato”. Nei film di Carmine Gallone l’impronta teatrale è molto forte e in questo sfrutta i corpi, soprattutto quello della diva Lydia Borelli, come se fossero materiale plasmabile. Anche l’uso dei colori in questo film (e non solo) è estremamente accurato e diventa un’essenziale elemento narrativo.
Marina va a vivere nel castello dello zio il conte Cesare, ma presto deve lottare con la moglie defunta del conte da cui viene posseduta. Così Marina lotta incessantemente con la sua doppia identità ed alterna momenti di malessere a momenti di follia. Nonostante la sua paranoia, che via via peggiora, si innamora di Corrado Silla, scrittore di un romanzo dai tratti gotici, che la ricambia nonostante le sue stranezze. Marina e Cecilia, la donna da cui è posseduta, inizialmente appaiono come due persone diverse (ma dalle personalità affini) in un corpo solo. Ad un certo punto non sono più facilmente distinguibili e la possessione diventa la pura follia di una donna che è pronta a giocarsi anche la vita per un attimo d’amore.
L’interpretazione della Borelli idolo di quegli anni – alcuni uomini si suicidarono per lei dopo che aveva sposato il conte Cini – è qualcosa di unico, una presenza evocatrice della statuaria classica nelle pose e nei gesti e dallo stile Liberty. Come ha scritto Gian Piero Brunetta a proposito di Malombra (e non solo): “la Borelli entra in scena, invoca su di sé gli sguardi degli spettatori e con un solo gesto accende la scintilla del desiderio collettivo: ed è subito Diva” e il cinema “diventa proprio grazie ai primi piani e ai gesti delle dive, 'canto silenzioso': al cinema sembra avvenire l’attesa realizzazione dell’Opera d’Arte totale, teorizzata da Wagner e Nietzsche. Il cinema divistico fa nascere e legittima l’estetica del silenzio”.
La Borelli è come una calamita, cattura incessantemente l’attenzione su di sé da quando scioglie la folta e lunga chioma (nei momenti di follia) a quando è stesa su un letto di cuscini e fiori su una barca: immagine evocatrice dell’apparente innocenza di una donna fatale.
Tratto dall’omonimo romanzo gotico di Antonio Fogazzaro (1881) come scrive Mariann Lewinsky nel catalogo del festival: “il caso di Malombra è stato una delle prime e più incoraggianti dimostrazioni che non tutti i film perduti sono perduti per sempre”. Infatti nel 1985 per caso a Trento è stato ritrovato il primo rullo e nel 1991 una copia in nitrato quasi completa è stata trovata in Uruguay. In seguito a questi ritrovamenti è stato eseguito il restauro del film di Gallone nel 1996 e che è stata proiettata con l’accompagnamento al pianoforte di Donald Sosin.