Non si può che rimanere sorpresi nello scoprire il cast di The Virgin Psychics, quinto film solo nel 2015 del super prolifico Sion Sono, proiettato nella notte della terza giornata del Future Film Festival 2016 per la rassegna Follie notturne (nella quale Sono era già presente alla scorsa edizione del festival con lo scatenato Tokyo Tribe). Il protagonista è Shota Sometani, vincitore del premio Marcello Mastroianni alla 68esima edizione del Festival di Venezia, seguito da alcuni dei collaboratori ricorrenti del maestro (Erina Mano, Megumi Kagurazaka). Scorrendo più a fondo ci si imbatte nei nomi di Maryjun Takahashi, modella salita alla ribalta grazie al magazine CanCam, Sahel Rosa, iraniana famosa in Giappone grazie a ospitate televisive, e uno stuolo di indossatrici e idole sconosciute alla maggior parte del pubblico occidentale. Viene naturale chiedersi cosa abbia in comune un interprete come Sometani con questa follia e, usciti dalla sala, la risposta viene a confermare inesorabilmente la prima impressione: assolutamente nulla.

Tratto da Eiga Minna! Esupa Dayo!, manga da cui era già stata tratta una serie televisiva nel 2013, The Virgin Psychics racconta le vicende di un gruppo di vergini dotati di poteri paranormali, radunati da un professore per salvare la città di Notsu da una non precisata minaccia. La trama, apertamente pretestuosa, si rivela sin dall’inizio una scusa per inanellare una sequela di gag fallocentriche e corpi discinti. Lo schermo viene occupato continuamente da close-up di seni, gonnelline che si alzano all’improvviso e ragazzine più o meno svestite, soffocando una linea narrativa già di per sé debole. Tra giocattoli erotici e magazine pruriginosi, tutti vivono in preda ad una frenesia inarrestabile, dai genitori del protagonista al barista quarantenne, onanista con una libido da far invidia al Quagmire de I Griffin. Il sesso è sulla bocca di tutti, tutti vogliono farlo, ma, al momento di passare ai fatti, il desiderio si diluisce tra imbarazzo e gesti impacciati. Lo spettro del coito permea la narrazione senza mai uscire allo scoperto, negandosi continuamente nel voyeurismo divertito giocato tra pellicola e spettatore.

The Virgin Psychics si presenta come un’ode alla sessualità adolescenziale, incontenibile desiderio sterile destinato a tradursi in massicce dosi di autoerotismo: esemplare la scena in cui Sometani respinge l’affascinante Takahashi affermando che, finché non incontrerà la sua anima gemella, preferirà a qualsiasi rapporto la masturbazione furiosa (guardare i primi dieci minuti di pellicola per credere). Ogni soddisfacimento delle proprie pulsioni mediato dal contatto con l’altro sesso deve essere evitato; non a caso il pericolo che incombe sulla città si rivela essere quello di una vera e propria rivoluzione sessuale. Un branco di cosplayer inferocite armate di sex toy rivendica davanti al municipio di Notsu il diritto di amarsi in pubblico liberamente, ma basta un gesto dell’eroina di turno per trasformarle tutte in bambole gonfiabili. Il ribaltamento alla base di The Virgin Psychics è qui esplicitato e compiuto: la richiesta di un rapporto maturo viene sconfessata come amore di plastica, in un mondo dove, al netto di due ore di erezioni, il protagonista non riesce nemmeno a dare un bacio alla ragazza di cui è innamorato.

Gregorio Zanacchi Nuti