Quando si parla di videogiochi, è opinione comune che la ricerca ossessiva del realismo possa ledere la dimensione prettamente ludica. Si tratta di un ragionamento probabilmente superficiale, eppure emerso più volte nel corso degli anni: come a dire “se pensi troppo alla potenza grafica rischi di sacrificare le meccaniche di gioco”. Il problema risiede in realtà nel tipo di esperienza che l’autore vuol proporre attraverso il mezzo interattivo, attraverso la tecnologia, l’unica in grado di catturare il senso di realtà e trasmetterlo ai giocatori.

Qualche tempo fa Hideo Kojima, padre della storica serie di Metal Gear, si è ampiamente espresso sulla questione con un interessante articolo per le pagine di Rolling Stone: “La tecnologia digitale dev'essere utilizzata per offrire agli utenti un'esperienza, una storia e un messaggio. Come è avvenuto nel cinema, la tecnologia nello sviluppo dei videogiochi si è evoluta. Un tempo i personaggi venivano rappresentati con un aspetto rudimentale, ma adesso la fotogrammetria 3D e il performance capture permettono di registrare i movimenti degli attori e delle attrici in modo che vengano ricreati fedelmente nel mondo digitale. Questo spostamento verso il realismo analogico è lo stesso processo che viene impiegato all’interno dell’industria cinematografica”.

Il sogno “frankenstainiano” di riprodurre la vita o parte di essa rivela tuttavia un fine ben più ambizioso del puro spettacolo in chiave grafica. L’obiettivo è quello di  riuscire a rendere la tecnologia funzionale alla narrazione, arrivando a costruire un mondo di gioco e dei personaggi che mostrino una concretezza del tutto umana. “Nel mio progetto attuale, Death Stranding - continua Hideo Kojima - abbiamo ricreato digitalmente gli attori Norman Reedus e Mads Mikkelsen. La capacità di poter controllare un attore reale è unica per la finzione dei giochi e porta a un'esperienza più realistica; e questo è lo scopo comune dei giochi e dei film. Le tecnologie digitali sono l'ingrediente magico per raggiungere questo traguardo".

Riuscire a riprodurre su schermo qualcosa di complesso come le emozioni umane aggiunge credibilità, coinvolgimento e realismo allo storytelling. In questo modo il giocatore riesce ad avvicinarsi emotivamente alle vicende raccontate e a vivere un’esperienza ludica che possa varcare i confini del puro e semplice intrattenimento. Non più semplici personaggi, quindi, ma veri e propri attori digitali capaci di mostrarsi in un videogame come mai prima d'ora: verosimili nell’aspetto quanto nella psiche, reali nelle azioni e nei sentimenti. Un assaggio di ciò che la tecnologia potrebbe riservarci per il prossimo futuro riguardo lo sviluppo delle tecniche di animazione facciale e di rendering è stato mostrato ampiamente alla Game Developer Conference 2018 di San Francisco.

Nella prima demo mostrata la performance capture è impiegata per animare il viso di un alieno, partendo da quello di un uomo reale che risponde al nome di Andy Serkis, conosciuto maggiormente per aver prestato le sue fattezze per la creazione di Gollum nel film Il Signore degli Anelli. Il risultato finale è incredibilmente convincente, dal movimento delle labbra alle espressioni facciali. L’attore digitale mostra un'intensità nella recitazione impossibile da ottenere con le tecniche di animazione tradizionali.

Ma è con la demo Siren che si riescono a comprendere gli incredibili risultati raggiunti. Il video – da cui è tratta la copertina di questo articolo – mostra come è stata ricreata una ragazza in tempo reale utilizzando il motore grafico Unreal Ungine. Ogni movimento è estremamente verosimile: a partire dalle palpebre, fino ad arrivare ai movimenti della bocca. Dalle rughe di espressione ai muscoli facciali, Siren mostra come potrebbero essere le animazioni nei videogiochi di domani: un futuro in cui la veste grafica si fa linguaggio per creare esperienze più strutturate e inclini a introdurre una nuova forma di realismo, che intenda promuovere la rappresentazione dei sentimenti, delle paure e delle angosce umane, ma in chiave strettamente digitale.