Un dialogo a più voci tra registi e produttori per fare il punto della situazione sul cinema di Bologna e dell’Emilia-Romagna, sui progetti in uscita e quelli ancora in corso di lavorazione: questo è stato “Il Cinema che verrà”, incontro svoltosi al Cinema Lumière nell’ambito del Festival Visioni Italiane, che dedica una sua sezione ai progetti realizzati nella nostra regione. Il direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, scherza sulle condizioni atmosferiche nefaste della giornata, paragonandole allo scenario produttivo di oggi: «Anche se tutto sembra testardamente andarci contro, come noi siamo venuti oggi qui a parlare nonostante questo tempo, qui si continuano a far film». Basta vedere il numero di interventi per capire quanti sono i progetti in arrivo, molti dei quali vedono il supporto della regione. In sua rappresentanza è presente all’incontro Fabio Abbagnato, responsabile della Film Commission Emilia-Romagna: «Sono state avviate molte linee di attività per rafforzare l’identità imprenditoriale. Mancano ancora purtroppo le strategie di rafforzamento produttivo e una via per ritagliarci il nostro posto nel mercato nazionale. Tuttavia, la regione è stata capace nel tempo di rafforzare il suo tessuto produttivo, ci sono comunque forti segni di movimento»

Il primo progetto presentato nel corso del pomeriggio è un documentario molto legato alla nostra regione, Il mondo in camera. Un film su Mario Fantin di Mauro Bartoli, prodotto da Apapaja e LabFilm. Nasce dall’interesse di raccontare il famoso alpinista e recuperare il suo lato registico, spesso trascurato. Si sono recuperate immagini di archivio, specialmente le sue riprese in Super8 durante la spedizione sul K2 nel 1954. «Lo scoglio più difficile nella realizzazione del documentario è stato senza dubbio la digitalizzazione delle pellicole di Fantin», ci spiega Simone Bachini, CEO di Apapaja. Probabilmente il progetto sarà ultimato entro il mese di giugno.

Messaggio alla terra: arrendetevi!, che vede la produzione di Daniele Ciprì,  è il nuovo lavoro del visionario Marco Bolognesi, un omaggio al regista Antonio Margheriti, in arte Anthony M. Dawson, uno dei più importanti registi di genere in Italia, noto soprattutto per le sue incursioni nella fantascienza. L’idea era già stata presentata nel corso dell’edizione del 2013 del Future Film Festival. Quello che Bolognesi ha fatto è stato partire dai film di Margheriti, fotocopiando tanti fotogrammi e ricolorandoli, creando una storia nuova che fosse capace di includere anche la sua Sendai City, un mondo visivo e narrativo a metà tra il cyberpunk e la fantascienza sociale. «È una follia, ma è anche un’arte»: queste le parole che il produttore usa per il produttore usa per descrivere il film.

Si torna nel cinema documentario con Mi chiamo Altan e faccio vignette di Stefano Consiglio, prodotto da tra gli altri da Alessandro Gambetta, presidente di Solares – Fondazione delle Arti di Parma: un film sul grande disegnatore Francesco Tullio Altan, sulla sua Torino e sull’Italia che continua a raccontare grazie ai suoi personaggi come Cipputi. Come per uno dei precedenti lavori prodotti da Gambetta, Il sale della terra, si pensa di farla diventare una co-produzione con la Francia, anche per poter raccontare il rapporto di Altan con alcuni vignettisti di Charlie Hebdo e usare quest’occasione per riflettere sulla satira al giorno d’oggi.

Da Torino si torna a Bologna con San Donato Beach di Fabio Donatini. Spiraglio sulla bollente estate cittadina e su un quartiere svuotato, vivacizzato solo dai pochi bar rimasti aperti. Il regista lo definisce un documentario musicale, spiegando la grande importanza della colonna sonora, composta da pezzi italiani storici negli anni 60 che vedono interpreti come Mina e Patty Pravo. «La sfida più grande sarà trovare i finanziamenti per pagare i diritti delle canzoni», spiega Donatini.

Anna Kauber ci presenta il suo In questo mondo, che racconta il mondo delle donne pastore e il loro approccio al mondo rurale. La sua indagine inizia nel 2015, quando decide di salire sulla sua Panda gialla per andare alla scoperta di questa realtà che già conosceva marginalmente, grazie al suo lavoro come architetto paesaggista. Le sue interviste sono a metà tra il politico e l’etico, ma soprattutto partono senza preconcetti. Le donne intervistate vanno dai 20 ai 102 anni. «L’esperienza mi ha permesso di immergermi nella bellezza dell’Italia, ma anche di poter ascoltare queste donne e le loro testimonianze che vanno dritte al cuore», spiega la regista, talmente innamorata del progetto da averlo girato in completa solitudine per arrivare solo a riprese quasi ultimate a rivolgersi a Solares, che a breve attiverà una campagna di crowdfunding per la promozione del documentario.

Due i progetti prodotti da Kiné-doc, rappresentata nell’incontro dal suo fondatore, Claudio Giapponesi. Si comincia con Il varco di Federico Ferrone e Michele Manzoli, una co-produzione con l’Istituto Luce capace di portare sullo schermo immagini d’archivio montate su un impianto finzionale: il racconto della storia non accaduta ma verosimile di un ufficiale dell’esercito italiano durante la seconda guerra mondiale. Storie del dormiveglia di Luca Magi, in collaborazione con Piazza Grande, è invece girato all’interno del Rostom, un dormitorio per senzatetto situato ai margini di Bologna e raccoglie le testimonianze di chi lì ci passa una notte come di chi invece la vita intera. La Kiné, nata dalla determinazione di Claudio Giapponesi e dei suoi soci, ha prodotto dal 2008 oltre dodici film.

Nel corso del pomeriggio sono intervenuti due personalità molto famose del cinema bolognese, Alessandro Rossi e Michele Mellara, qui per presentare il loro nuovo documentario, Cesare Maltoni, lo scienziato che ha salvato le nostre vite. Il lavoro vuole cercare di cogliere la figura dell’oncologo bolognese dalla fama mondiale nella sua interezza, dalla sua vita privata passando per il suo approccio stacanovista al lavoro.

Un altro documentario strettamente legato alla cultura bolognese è Il lungo, il corto e il pacioccone, che vuole raccontare il backstage dello Zecchino d’oro, svelando il funzionamento del programma televisivo e i segreti di un successo che dura da ormai sessant’anni. «Uno degli aspetti che abbiamo voluto sottolineare con questo lavoro è il fatto che lo Zecchino d’oro non è un talent, bensì un non-talent: vince la canzone, non il bambino che la canta», spiega la regista Marzia Toscano. Il film verrà trasmetto in tv quest’autunno da DeA Junior, in concomitanza con la prossima finale del programma.

Dopo tanti documentari nella produzione regionale trova spazio anche un film di finzione come Se un giorno tornerai, co-produzione tra Rai Film e Invisibile Film, che vede Marco Mazzeri nella duplice veste di regista e attore protagonista. Il progetto, che vede tra i partecipanti anche Stefania Rocca, è «qualcosa di piccolo che vive di grandi sentimenti» come spiega Mazzeri: racconta la semplice storia di una coppia ormai divorziata che però riesce a ritrovarsi.

Un altro progetto interessante viene da Mateo Zoni, protagonista di Visioni Italiane con Il club dei 27, che nel corso dell’incontro ci presenta una serie tv in otto puntate, Hell-Raiser, nata dalla volontà di riportare l’immaginario del teen movie anni 80 di John Hughes nella Bassa, ma inserendoci degli elementi paranormali e horror. Il desiderio è quello di creare un prodotto di stampo internazionale che sia comunque profondamente radicato nella nostra regione.

Torniamo nel documentario con Enza Negroni che con Una storia in punta sottile ci regala un ritratto di Barbara Calzolari, calligrafa di Bologna ma dalla fama internazionale. «Quello della calligrafia è un mondo difficile da raccontare, ma è affascinante: basti pensare che appassionava anche due personalità così distanti come Steve Jobs e Umberto Eco», spiega la regista. In questo lavoro le piacerebbe raccontare il viaggio della Calzolari nella creazione di un suo font.

L’incontro si conclude con i progetti prodotti da Articolture – Bottega Bologna. Tra questi ci teniamo a sottolineare i lavori di Margherita Ferri, vincitrice della Biennale College Cinema 2017, che con il suo Zen sul ghiaccio sottile racconta una storia di formazione con attenzione particolare all’identità di genere ambientata nell’appennino emiliano, e di Vito Palmieri, vincitore del bando MigrArti – Spettacolo, che riflette su migrazione e sulla passione per lo sport di noi italiani con Il mondiale in piazza.

Una regione in tumulto che ama produrre e realizzare film, raccontando anche tante storie del nostro territorio: questa è l’immagine dell’Emilia-Romagna emersa nell’incontro “Il Cinema che verrà”.