Scriviamo queste righe mentre le sale vengono scosse dall'atteso arrivo messianico di Checco Zalone (cui dedicheremo una lettura cinefila a breve), con incassi spaziali che hanno reso risibili tutti gli altri - anche se tutto il cinema italiano si sta comportando molto bene, grazie a Garrone (che ha saputo parlare al pubblico dei bambini con un film totalmente "garroniano"), a Ficarra e Picone e anche a Ferzan Ozpetek (destinato al suo migliore incasso da tempo). Si può eccepire sul tipo di film che fanno saltare il botteghino, ci mancherebbe. Ma è stata un'ottima annata anche per il cinema d'autore e per il cinema di qualità, grazie ai buoni risultati di (citiamo in ordine sparso) Polanski, Allen, Bong, Bellocchio, Schnabel, Almodóvar e molti altri.
Si consideri poi che si è assottigliata la divergenza distributiva tra cinema spettacolare e cinema "di qualità", se si pensa a come Tarantino o Joker in molte città siano stati offerti sia nei multiplex sia nei circuiti d'essai, a dimostrazione che - se è vero che certo cinema d'autore radicale e spiazzante sembra in crisi di pubblico - l'industria ha saputo fare altrettanti compromessi al rialzo. Non bisogna sempre utilizzare la retorica secondo la quale il cinema d'autore si sta progressivamente "spettacolarizzando": vale anche il contrario. Il grande pubblico quest'anno ha incontrato film difficili e controversi rispetto a qualche anno fa.
Il capitolo Netflix continua a scottare e a dividere gli spettatori. Per gli studiosi, come chi scrive, la questione è suggestiva. Un operatore che non somiglia a nessun altro in passato sta facendo due cose del tutto contrapposte: sta imponendo un modello di business cinematografico che non considera più la sala prioritaria e sta al tempo stesso finanziando il cinema d'autore più libero di questi tempi, da Scorsese a Cuarón, passando per Baumbach e Soderbergh. E già stanno arrivando Jane Campion, Alexander Payne, Guillermo Del Toro e moltissimi altri. Per chi lavora nel mondo delle sale cinematografiche, invece, le cose sono meno esaltanti. Netflix non rispetta le finestre tra sfruttamento in sala e passaggio in streaming, e le lotte tra associazioni di categoria e singole sale (o distributori) che accettano di programmare i titoli dell'azienda sono destinate a ripetersi. Vedremo se il 2020 porterà a un augurabile compromesso legislativo che trovi un razionale punto di equilibrio per tutti.
Dal punto di vista dell'immaginario, scopriremo se il prossimo anno - che guida un intero decennio - porterà a novità che non riguardino solamente i processi del consumo audiovisivo. Ci permettiamo intanto di battere ancora una volta sullo stesso tasto: l'educazione all'immagine. Progetti-pilota non mancano, linee di finanziamento ministeriale anche, corsi di alta formazione di gran qualità si stanno affermando, ma finché tutto questo - la film literacy o la screen literacy, allargando il campo - non sarà degnamente curricolare in ogni ordine e grado di scuola, non potremo avere spettatori consapevoli e capaci di "leggere" le immagini in movimento nel modo giusto. Da questo punto di vista, la riscoperta integrale di Federico Fellini nell'anno del suo centenario sarà un'occasione importante per riattivare l'eredità artistica del cinema che le vecchie generazioni in Italia sembrano talvolta trascurare, parlando a stesse invece che ai giovani.
Cinefilia Ritrovata non ha una vocazione pedagogica, ma pensiamo che una testata come questa - l'unica open access in Italia che lavora anche sugli archivi, sulla storia del cinema e che è direttamente sostenuta da una Cineteca come quella di Bologna - possieda quasi automaticamente una natura formativa. Per noi la cultura cinematografica è l'orizzonte principale. Qualsiasi gesto critico facciamo, anche il più severo, e qualsiasi materiale pubblichiamo, diventa disseminazione di sapere, condivisione di passione, trasmissione culturale. Ci piace pensare di essere emoglobina cinefila, trasportiamo piccole quantità di ossigeno critico all'organismo della cultura cinematografica.
Dunque, buon anno e buona lettura.