“Il problema principale è che le persone non reagiscono di fronte alle astrazioni, ma la bomba atomica è di fatto un’astrazione più di tante altre. È astratta come il fatto che un giorno o l’altro moriremo, cosa che siamo bravissimi a negare a livello psicologico. Per la maggior parte delle persone è addirittura meno interessante dell’amministrazione comunale!” (Stanley Kubrick Considers the Bomb, Matt Wells, 2019). Ecco come parlava Stanley Kubrick rispetto alla diffusa preoccupazione della società a lui contemporanea per il possibile scoppio di una guerra atomica: una paura astratta che non genera reazioni o proteste concrete, ma solo paranoie e fughe dalla realtà. Lui, invece, agisce in direzione contraria. Desidera comprendere, e dunque studia, si documenta e infine crea un capolavoro come Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba.
Caleidoscopio di personaggi e situazioni surreali che all’improvviso assumono i connotati della più spietata realtà; distillato di sprezzante ironia e tempi comici perfetti; invettiva contro i pregiudizi e l’ottusità; ma soprattutto ritratto accurato della tendenza, squisitamente umana, di eleggere un nemico che sia causa di tutti i mali. Senza distinzioni né approfondimenti, l’uomo difende i propri fluidi vitali minacciati da chissà quali contaminazioni, spara contro possibili sabotatori che sono poi soldati con la sua stessa divisa, dubita e si paralizza di fronte a ciò che esula dall’ordine prestabilito. In questo modo l’umanità si condanna a una fine a dir poco tragica. Non esiste raziocinio o spirito critico, e quindi comprensione ed evoluzione, ma solo goffi tentativi di giustificare le proprie posizioni e i propri errori.
La depressione e l’impotenza del generale Ripper, l’ingenuità e l’obbedienza del colonello Mandrake, la superficialità e il carattere rissoso del generale Turgidson, l’imbarazzo e l’indecisione del Presidente degli Stati Uniti, l’ubriachezza e l’isteria del Premier russo, l’inadeguatezza fisica e mentale del dottor Stranamore. Ecco la storia umana: se è troppo faticoso guardare ai propri limiti e difetti, nulla rimane se non l’egoismo, l’ottusità e la condanna altrui. Tra accuse di anti-patriottismo e di propaganda filo-russa, ma anche elogi per il coraggio, l’abilità registica e la poesia, il film riuscì allora a tradurre sullo schermo tutte le contraddizioni della società moderna nella quale “solo una certa e volontaria ignoranza permette di stabilire delle leggi”, come scrisse nella sua recensione sui "Cahiers du cinéma" Jean Narboni all’uscita del film in Francia, nel 1964. E aggiungeva: "Ecco dunque Kubrick (...) divenire poeta e moralista perché, senza averne l'aria, ci parla della bomba meglio di quanto non si fosse fatto prima di lui e perché Dr. Strangelove non ha nulla di cinico né di confortevolmente ottimista o convenzionale".
E, visto oggi, Il dottor Stranamore parla di noi più di quanto facciano tanti film contemporanei: in fondo continuiamo a non reagire all’astrazione e a rincorrere pericoli ben identificabili per non affrontare la complessità del reale. Di fronte alle grandi crisi dei nostri tempi e alle nuove sfide che si intravvedono all’orizzonte, l’ordigno "fine di mondo" siamo solo noi stessi.