How Do You Live? è il titolo originario dell’ultimo film di Miyazaki, titolo italiano Il ragazzo e l’airone, ispirato dal romanzo omonimo del  1937 di Genzaburō Yoshino dal quale Miyazaki sviluppa una storia autonoma che si stacca dal referente letterario per diventare una favola tipica del maestro giapponese fondatore dello Studio Ghibli.

Una favola intesa non come rappresentazione edulcorata della realtà, ma come creazione di un mondo fantastico che restituisca la natura umana nella sua forma più autentica. La trama, rimasta a lungo celata, è apparentemente semplice: il giovane Misashi, dopo aver perso la madre in un incendio durante la guerra del Pacifico, spinto dalla curiosa figura di un airone cenerino bugiardo e smaliziato, si addentra in mondi fantastici e pericolosi per continuare a cercarla.

L’ultimo film di Hayao Miyazaki ha in sé l’urgenza e il fervore sia di un’opera prima che di un epilogo. Ha l’ardore e la premura che può avere solo il capitolo finale di una lunga carriera:  l’impellente necessità di tirare le fila di un discorso lungo anni e di sfruttare fino in fondo il “canto del cigno”. Miyazaki vuole dire tutto quello che non ha detto prima, o ritornare su ciò che ha già detto per rimuginarci ancora su. È l’inquietudine di un maestro che percepisce l’imminenza della fine ma esita a porre un punto, pungolato dalla sensazione di non aver ancora terminato il suo percorso artistico e umano.

Il ragazzo e l’airone ribolle di riflessioni e di arrovellamenti interiori, tutti incentrati su questioni esistenziali come la morte, la giustizia, il dolore, la memoria, la natura, la famiglia. Gli elementi tipici del cinema di Miyazaki sono tutti presenti, compresi i personaggi femminili sfaccettati e animati da una forza e da una conoscenza profonda delle cose.

Il femminile in The Boy and The Heron, nonostante il  protagonista maschile, rimane il motore centrale della storia: il viaggio di Misashi è guidato da una forza trascinante, ovvero dalla ricerca della madre. Una ricerca che nel corso del film si allontana sempre più dalla figura di madre biologica per assumere una connotazione più ampia e diventare una ricerca del materno inteso come principio creatore, modo di vedere il mondo, strumento di sopravvivenza al declino e alla morte.

La profonda consapevolezza dell’irreversibilità dello stato di corruzione e decadenza del mondo umano e una luminosa ostinazione di volerne far parte nonostante tutto: i personaggi di Miyazaki hanno accesso alla dimensione superiore, ai campi in cui energie superiori governano il disequilibrio del mondo sottostante. Ma quando vengono posti di fronte a una decisione, decidono sempre di tornare all’umano.

In Il ragazzo e l’airone la dimensione parallela alla realtà, questo mondo fantastico al di sopra del nostro non viene risparmiato dalla miseria, anzi: il viaggio del giovane Misashi è un viaggio in un mondo dove “la maggioranza sono i morti” e dove non esiste nessun tipo di giustizia divina pronta a riscattare le persone defunte.

Le parole di Sua Signoria, un uomo anziano che non sa più come mantenere l’equilibrio che ha creato, sono eloquenti in tal senso: “I mondi sono esseri viventi. Ammuffiscono e pullulano d’insetti”. Ma questo nucleo pessimistico basato sulla constatazione degli aspetti più cruenti della realtà terrena è sorretto e contenuto da un’impalcatura spirituale più ampia: dai puntuali rimandi al buddismo (namu amida butsu) fino a una suggestiva rappresentazione dell’aldilà.

Il ragazzo e l’airone è l’opera di un ragazzo e di un vecchio saggio allo stesso tempo, uno sguardo disincantato che vede la vita con tutti i suoi orrori e un desiderio fanciullesco che ci spinge verso la speranza.