Jerry Lewis è una figura centrale e unica della storia del cinema, il suo corpo snodato e la mimica facciale sono stati esempi essenziali nella formazione di attori come Jim Carrey. Lewis però riesce a mostrare - come secondo Ed Sikov emerge dai film di Frank Tashlin - la sua capacità di convivere con un’identità sdoppiata: da un lato quella di corpus attoriale e dall’altro quella cartoonesca. Solo così Jerry può muoversi da un media all’altro fondando un universo in cui può, riadattando o narrando nuove storie, barcamenarsi fra una realtà ricostruita e una realtà cartoonesca. Chi prontamente si accorse delle potenzialità dell’attore fu la Detective Comics che dal 1952 creò una serie a fumetti con Martin e Lewis come protagonisti. La serie prese il nome di The Adventures of Dean Martin and Jerry Lewis e quando il duo si divise cambiò nome in The Adventures of Jerry Lewis. Già dal 1949 la D.C. decise di includere, fra i suoi personaggi, alcuni volti hollywoodiani acquistandone i diritti di immagine, ma “per The Adventures of Dean Martin and Jerry Lewis e The Adventures of Jerry Lewis sembra esserci un patto stipulato tra la DC e Martin e Lewis per l’utilizzo della loro immagine attraverso società di copyright appartenenti agli attori stessi: dapprima alla York Picture Corporation e dal n. 50 alla Patti Enterprises Inc.”.
La prima serie, inizialmente bimestrale poi mensile, è composta da 49 numeri e ogni albo ha una: “struttura estremamente rigida per quanto riguarda le peripezie delle puntate […] le vignette seguono una scansione che va dalle 3 alle 6 per pagina e non creano mai un un rimando all’albo successivo; sono sempre storie auto-conclusive.”. Nel novembre del 1958 la serie cambia nome e torna ad essere pubblicata bimestralmente. Le singole “avventure, che hanno per protagonisti Martin e Lewis, sembrano essere state create per quella fascia di pubblico che avevano già conquistato, dapprima attraverso le esibizioni nei night club e successivamente inserendosi nel campo cinematografico. Quando però la coppia comica si divide i comics subiscono un profondo mutamento fino a rivolgersi principalmente ad un pubblico sempre più adolescenziale e pre-adolescenziale.”.
Così se Martin e Lewis all’interno di ogni episodio cambiavano scenario spaziando tra “appartamenti in affitto, negozi, centri commerciali, teatri e castelli infestati (tanto antichi quanto improbabili)” e “fiere di paese, parchi giochi, convegni, Stati vicini e lontani, il Circo, alcuni Zoo e fattorie”, quando Lewis rimane solo le sue avventure tendono, in maniera più frequente, a stabilizzarsi “all’interno di un ambiente domestico fisso (alla cui parete è appeso addirittura il cartello “Home Sweet Home”) frequentando poi in maniera abituale scuole e campi estivi.”. Questo perché l’ex-partner viene sostituito, in una prima fase di assestamento, da personaggi che lo ricordano vagamente, cercando di riproporre un meccanismo già conosciuto al lettore, ma successivamente il modello cambia e Jerry acquisisce il ruolo di zio di Renfrew, un nipote fittizio. Infatti il mondo “costruito in precedenza collassa e Jerry si spinge sempre più verso una dimensione distorta e surreale”. Aumentano però i viaggi folli di Jerry in terre lontane e immaginarie, così come “il suo trascendere dalla ‘realtà dell’esistenza ordinaria, quotidiana’ e ‘postula, seppure temporaneamente, una realtà diversa in cui i princìpi, e le norme della vita comune vengono sospesi’ (Peter L. Berger, Homo ridens - La dimensione comica dell’esperienza umana, Bologna, Il Mulino 1999). Si allargano dunque gli orizzonti possibili in cui, la sua azione, può portare, creando scompiglio, un’ordine nuovo e per lui migliore. Ecco che lo vediamo confrontarsi con personaggi come: la dea Venere, Elena di Troia e Achille (n. 43), Bruto (n. 54), un gruppo di vichinghi (n. 78), alcuni supereroi, bambini, tribù indigene, mostri e animali temuti da tutti, ma con cui solo lui è in grado di fare amicizia.”.
Il corpo di Lewis all’interno dei comics “non può legarsi a suoni, ma solo a parole, colori e ad un corpo divenuto totalmente plastico. Così gli eccessi che portano il mondo di Lewis allo sgretolamento sono segnalati sia da un uso dei colori vivace e sregolato […] sia dall’andatura del corpo verso una forma sempre più immaginifica.”. Inoltre Lewis all’interno dei fumetti “non solo ‘si mangia’ delle lettere, ma spesso fa ricorso all’uso di onomatopee, di parole provenienti dallo Yiddish e dallo slang americano. E, come accade al suo personaggio cinematografico, quando si trova ad affrontare situazioni che lo spaventano: ‘he offers not verbal mastery but linguistic breakdown. Stuttering, stammering, physically, contorting, Lewis's misfits lose control over both body and language.’ " (Frank Krutnik, “Jerry Lewis: The Deformation of the Comic”, Film Quarterly, Vol. 48, n. 1, Autumn 1994).
Viene quindi realizzato il personaggio caricaturale di Lewis accentuandone gli “isterici mutamenti d’espressione”, noti al suo pubblico, e rendendo più nevrotico il movimento del suo corpo. Tutto questo fa di lui un perfetto soggetto cartoonesco: “Jerry diviene una grottesca imitazione di Lewis, in cui molti dei suoi aspetti caratterizzanti moltiplicano il loro effetto. Le sue anomalie fisiche sono infatti messe in rilievo all’interno del fumetto: le orecchie, il mento e i denti incisivi superiori vengono ingigantiti, i vestiti, sempre troppo larghi e corti, accentuano le gambe lunghe e il corpo eccessivamente magro.”. Grazie a ciò Jerry riesce a giocare “con tutto quello che può essere frainteso e fraintendibile” e partendo da un uso smodato della parola crea scompiglio ristabilendo un ordine per lo più assurdo. Solo così Lewis a volte può “astrarsi a tal punto dalla realtà da poter essere in grado, per esempio, di usare un candelotto di dinamite (come un qualunque personaggio animato) per aprire un pacchetto di patatine per il nipote o, ancora, riuscire a salvare King Klonk (alias di King Kong) dagli esseri umani. Un’astrazione che nel cinema di Lewis è testimone del suo legame con il grande cinema muto, mentre nel caso dei fumetti questa condizione evidenzia un rapporto verso forme di distruzione che, all’interno dello spettacolo leggero, solo il cartoon aveva elaborato.”.
C’è evidentemente un profondo legame che fonde Jerry Lewis e il suo meccanismo comico, alla sua caricatura fumettistica. Dal 1961 vengono provati alcuni adattamenti in forma di comics dei film L’idolo delle donne, Il Mattatore di Hollywood ed infine di Sherlocko...investigatore sciocco. Questi però hanno scarsi risultati, infatti essi non aggiungono molto al disegno complessivo, ed anzi, disponendo di spazi limitati e confini più rigidi, fanno l’opposto. Così invece di adattare i personaggi della realtà cinematografica a quella dei comics, gli sceneggiatori hanno preferito, in alcuni episodi, affiancargli alcuni supereroi come Superman e Batman e Robin. In questi casi emerge spiccatamente la maschera comica, di tradizione ebraica, usata di frequente da Lewis quella dello schlemiel. Egli tende infatti “ad indossare gli abiti dei suoi beniamini, incappando ovviamente in situazioni al di fuori del suo controllo, ma anche se la ‘guerra’ viene effettivamente vinta dai supereroi, Jerry finisce per sfinirli a livello psicologico e fisico come un Don Chisciotte. Così questi ultimi risultano comunque più ‘deboli’ e oggetto di derisione perché facenti parte di quella società contro cui Lewis si schiera tentando, inizialmente, di esserne incluso.”.