"Il maggio del ’68 era il mese della parola, delle decisioni prese in uno spirito di uguaglianza, della democrazia diretta nei comitati. Era una fuga, una vibrazione di vita, un’esultanza, un momento di rottura, la bellezza del rifiuto, la gioia di condividere, un’attenzione per l’altro e per ciascuno. Un popolo che si ergeva per dire no e poter finalmente influire sulla storia".

Queste le parole di Jacques Kebadian - assistente alla regia di Robert Bresson in due dei suoi capolavori Au Hasard Balthazar e Une femme douce - per introdurre il documentario co-diretto con Michel Andrieu L'île de Mai, un racconto nuovo e vivido del fervore culturale e sociale di quegli anni. Quest'anno la Cineteca di Bologna ha dedicato una retrospettiva proprio ai film del e sul '68 e al maggio francese, così da far emergere il modo in cui il cinema, attraverso generi molto distanti tra loro, ha restituito sullo schermo le sfumature di un momento storico saturo di contraddizioni come il Sessantotto. Tra libertà sessuale legata all’emancipazione della donna e il bigottismo di una classe sociale ancorata al puritanesimo, tra Woodstock e Charles Manson, Rosemary’s Baby e la strage di Cielo Drive, tra la memoria e il mito degli assalti al cielo e del Vietnam.

La rivolta operaia e giovanile imperversava nelle strade e l'occhio della macchina da presa di Kebadian e Andrieu l'ha inquadrata non perdendosi alcun dettaglio e afflato, andando a esplorarne le dinamiche dall'interno, tra le infinite assemblee prima delle occupazioni e manifestazioni, seguendo la sensazione di vivere una particolare rivoluzione d'ottobre, stando alle parole appassionate di Kebadian. L'occupazione della Sorbona è stato senza dubbio uno dei momenti di maggiore concitazione, filmato dai due registi "come se fosse un sogno", con la loro cinepresa che era lì, davanti agli studenti in corsa e alle barricate durante le caldissime notti di maggio.

L'île de Mai è un documento nuovo perché i protagonisti delle rivolte non sono soltanto gli studenti, ma anche i lavoratori, colti negli innumerevoli momenti di discussione e confronto nelle fabbriche che i due cineasti francesi passano in rassegna con fedeltà e rispetto. In questo senso, il lavoro compiuto sul montaggio, man mano che la cronaca degli eventi incede, si rivelerà essere una delle caratteristiche più specifiche del film; rigoroso e consequenziale, capace di far collimare spaccati distanti e rendere il particolare, i singoli momenti, parte di un unico e indistinguibile impulso.