Paolo Federici (interpretato da Pif) è un uomo medio, ha un lavoro sicuro, una moglie e due figli a cui dedica poco tempo. Le amanti a volte danno un po’ di brio alla sua vita comune, gli piace il rischio che corre quotidianamente passando ad un incrocio nell’esatto millesimo di secondo in cui tutti i semafori sono sul rosso: se sbaglia perde la vita. E in Momenti di trascurabile felicità succede proprio questo, Paolo perde la vita in un incidente. Nonostante ciò Paolo ha fortuna quando, alla stazione-limbo per lo smistamento delle anime, risulta esserci un errore nel conteggio del suo tempo: può quindi tornare sulla terra, ma solo per un’ora e trentadue minuti.

Dopo Io sono Tempesta Daniele Luchetti torna con una commedia all’italiana che invece di portare il personaggio, come accade nella tradizione classica, verso il fallimento fisico e morale, tende ad una risoluzione finale. Il protagonista all’inizio si perde spesso nei meandri della sua coscienza, è curioso di tutto ciò che lo circonda, è infatti a stretto contatto con il suo lato fanciullesco. Paolo però, una volta tornato sulla terra, cambia e a differenza della classica commedia all’italiana cerca di migliorarsi e di sfruttare ogni minuto al massimo delle sue possibilità. Il finale, che ricorda di più la commedia americana alla Frank Capra, è decisamente e giustamente vittorioso. L’angoscia e la suspense costruite magnificamente da Luchetti sfruttano il meccanismo anni sessanta, ovvero quello che vede il piccolo uomo, senza valori, moralmente sconfitto e lo ribalta. Paolo da piccolo uomo deriso e compatito diviene un uomo vittorioso e migliore attraverso gesti semplici.

L’episodio che più colpisce è il riavvicinamento di Paolo alla figlia adolescente. Il tempo che noi vediamo scorrere lentamente attraverso le lancette dell’orologio, appeso al muro della camera della ragazza, nonostante sia poco si dilata e un gioco solo iniziato fra padre e figlia può racchiudere momenti unici di felicità, che non solo Paolo ha troppo spesso trascurato, ma che si rivelano più dinamici di quanto egli pensasse. Luchetti e Francesco Piccolo costruiscono la storia di Paolo scegliendo Pif per incarnarlo poiché, non essendo un attore da accademia, è capace di portare al suo personaggio una verità palpabile che avvicina lo spettatore come se questi lo conoscesse da sempre. Il pubblico può quindi entrare in perfetta sintonia con il personaggio, con la sua vita e la sua quotidianità fino a ridere con lui e, al contempo, piangere con e per lui.

La cosa che più colpisce di questo film è l’uso del tempo che, attraverso l’impiego di costanti transizioni, all’inizio è ben scandito, ma più ci si avvicina alla fine più il montaggio diventa caotico e ciò che ne risulta è un’esemplare fusione di passato, presente e futuro sognato. Paolo si muove all’interno della propria vita e del suo mondo come se guardasse se stesso attraverso gli occhi dello spettatore, così i ricordi tornano in maniera assillante e più vividi che mai. La patina che nella sua realtà separa il passato dal presente è solo un’illusione, Paolo può infatti manovrare le sue memorie come preferisce. Pensieri, questioni e aneddoti sono così reali e umani da risultare familiari alla maggioranza del pubblico e, adattati al protagonista, sono stati direttamente tratti dai libri di Francesco Piccolo: Momenti di trascurabile felicità e Momenti di trascurabile infelicità.

Luchetti intesse quindi un film profondamente cinefilo con immancabili rimandi a film cult - in questo caso si riferisce marcatamente a Ritorno al futuro - e all’interno del quale la sua mano, da un lato estremamente presente, riesce a lasciare spazio e a seguire il proprio protagonista quasi pedinandolo.