La cucina, la strada e svariate pedane di recupero sono i luoghi in cui è avvenuta la formazione di questi artisti, prima di solcare veri palchi come quelli dell’Apollo: il noto teatro newyorkese. L’ambiente domestico è la palestra che accomuna questi ballerini di tip-tap. Così George Nierenberg fa danzare la macchina da presa alternando le esibizioni alla vita esemplare dei tre protagonisti, con uno schema compositivo ben delineato. Infatti No Maps on My Taps - il cui restauro viene presentato in anteprima a La Settima Arte di Rimini - segue un solo tema, il tip-tap, ed ha una struttura bipartita, ovvero dalla cultura alla musicalità e da questa al profondo rispetto per le personalità uniche degli artisti, accompagnati dalle loro storie.

Le tre persone che spiccano all’interno del film sono Bunny Briggs, Howard (Sandman) Sims e Chuck Green. Il primo è il più esuberante, ha ancora gli occhi enormi come nei filmati di quando era bambino, e la sua energia durante le esibizioni infonde gioia alle sue platee. Briggs racconta di essere sempre felice e libero quando balla e di sentirsi non solo padrone del mondo, ma anche e soprattutto uno strumento musicale, in perfetta sintonia con le note d’accompagnamento riuscendo anche a conversare attraverso il movimento del corpo con gli altri membri dell’ensemble. Il sorriso di Briggs lascia il posto alle lacrime quando i membri della sua famiglia ricordano che grazie ai suoi sforzi e ai soldi che egli racimolava con le esibizioni, riuscirono più di una volta a sostenere le loro spese. Howard Sims è il più meticoloso dei tre, davanti alla macchina da presa si fa vedere mentre insegna al nipote le basi del tip-tap e racconta i suoi inizi, spiegando e illustrando le motivazioni che spinsero il pubblico a chiamarlo Sandman. Sims mostra tutta la strumentazione che gli serviva, dalla cassetta ai microfoni e per finire il mucchietto di sabbia, per creare i flessuosi movimenti del suo tip-tap.

Chuck Green è il più stravagante fra i tre - non solo per le sue ossessioni dovute alla quindicennale permanenza in un ospedale psichiatrico - ma per la personalità che esprime mentre balla. Green non pare appartenere a questo mondo neanche durante le sue esibizioni in cui sembra perdere l’equilibrio costantemente, ma con un gioco di gambe assolutamente perfetto e pulito, come se Green non dubitasse mai dei suoi movimenti. A fare da cornice a queste storie ci sono anche i filmati di due leggende del tip-tap: Bill Robinson nei film Il piccolo colonnello di David Butler e in Hooray for Love di Walter Lang e John Bubbles nella sua apparizione al Varsity Shows nel 1937 quando ballò sul dorso del pianoforte suonato dall’amico Ford Lee (Buck) Washington.

Nierenberg vuole quindi restituire onore e prestigio ai Tap Masters rimasti senza lavoro e lo fa sia con sguardo analitico nei confronti della danza, ovvero della tecnica condivisa, ma anche delle personalità che valicano sempre le regole comuni, sia con tono più intimo e personale poiché, da quanto emerge dalle immagini, voleva che anche lo spettatore si innamorasse ed ammirasse, come lui, quegli artisti su cui era ingiustamente calato il sipario. No Maps On My Taps, negli anni Ottanta, è infatti riuscito a contribuire nel dare inizio ad un revival del tip-tap. Il documentario sposando l’obiettivo di quegli artisti nel voler rilanciare la popolarità del ballo affronta la dura storia del tip-tap, lasciando alla macchina da presa anche lo spazio per seguire i suoi protagonisti durante le preparazioni per l’esibizione-sfida finale in cui vediamo Briggs, Sims e Green danzare sia in singoli assolo, sia all’unisono su un unico palco.