L'autore americano della New Hollywood che più di ogni altro Quentin Tarantino ha studiato e amato è Brian De Palma, e il film che maggiormente ci parla del sottobosco di Hollywood è senza dubbio Omicidio a luci rosse del 1984, che ha ispirato la nona opera del regista di Knoxville, C'era una volta a... Hollywood. Per giungere al periodo di Woodstock, infatti, Tarantino fa un salto di cinquant'anni soffermandosi sul 1984 (trentacinque anni prima e quindici dopo) e raccoglie la matrice del doppio presente in Omicidio a luci rosse, oltre a quella dello sguardo, più guardiamo e meno vediamo.
Questo film, che si colloca già sul finire della spinta propulsiva data della New Hollywood e con più di un piede negli anni del riflusso, in originale si intitola Body Double, il cui significato è controfigura, proprio il lavoro di Cliff Both in C'era una volta a... Hollywood, ma le assonanze non finiscono qui. Certo, altri film più patinati, considerati primari, come Gli ultimi fuochi di Elia Kazan o Il giorno della locusta di John Schlesinger trattano il mondo della Hollywood dei decenni precedenti, ma il punto di vista di De Palma, e del suo modello culturale, è quello contemporaneo nella sua dimensione più degradata, viste le scene che il personaggio protagonista, l'attore Jake Scully interpretato da Craig Wasson, è chiamato a girare nei provini e nei ciak interrotti dei set che vediamo all'inizio e alla fine del film. Un cinema d'infima categoria con delle incursioni addirittura nel porno, genere che Jake Scully si trova a dover sfiorare per seguire le tracce dell'attrice Holly Body / Melanie Griffith.
Volendo prepotentemente entrare a far parte della New Hollywood raccontandola, Tarantino ne raccoglie la sua deriva; se nel 1969 quel mondo si rinnova, quindici anni dopo, nel film di De Palma, il meta cinema ci mostra una discesa nei bassifondi più infimi. Cinquant'anni dopo, Tarantino tiene conto di questo contesto, e per parlare dell'ambiente del cinema di serie B dell'epoca, utilizza la chiave depalmiana alla fine degli anni sessanta, riportando il senso di quell'epoca al più antico e nobile splendore, visivo ed etico, e con l'aggiunta che se è vero che più guardi meno vedi, se guardi ancora meglio, la realtà magari cambia davvero.
I due film (prodotti dalla Columbia) sono collegati e iniziano in modo simile, con un film nel film. Omicidio a luci rosse parla di un attore con crisi di claustrofobia che non riesce a lavorare in film in cui vi sono scene che lo costringono a stare in ambienti ritenuti soffocanti. È quindi costretto a perdere alcuni ruoli che lo vedrebbero protagonista. Un disagio psicologico e un trauma sta anche alla base della psicologia di Rick Dalton, il personaggio interpretato da Leonardo Di Caprio in C'era una volta a... Hollywood, che soffre di bipolarismo. Malattia mentale che esemplifica il tema del doppio come il nome dell'altro personaggio protagonista Cliff Booth, interpretato da Brad Pitt, dove Booth si pronuncia (quasi) come both, che significa “entrambi”. Cliff Booth e Rick Dalton, Rick Dalton e Cliff Booth sono due (biondi) personaggi dello stesso mondo, uno è l'ombra dell'altro, il visto e il nascosto, il ricco e il povero. Il biondo Craig Wasson / Jack Skully di Omicidio a luci rosse e il suo carnefice Gregg Hanry / Sam Bouchard, sono i due (biondi) speculari di C'era una volta a... Hollywood.
Il personaggio femminile del film più recente è, invece, Sharon Tate, fusione di Holly e Gloria Revelle. La facoltosa e sofisticata protagonista di Omicidio a luci rosse, che aveva la propria controfigura in Holly, nel film di Tarantino diventa un personaggio solo, ripulendo entrambi i caratteri che non si identificano più con la ricca e passiva e non più la depravata isterica, bensì con una donna ideale che segue il proprio sogno in modo puro e sincero.
I titoli di testa dei due film hanno come sfondo la fotografia di un film. In quello più recente la mdp indugia sul dettaglio del manifesto che presenta il volto di Di Caprio (immagine che tornerà più volte nella pellicola), che al primo istante sembra un paesaggio, sul quale incominciano a scorrere i titoli. Nel film di De Palma, l'immagine reale dell'inizio è un paesaggio dipinto/fotografato, sul quale scorrono, anche lì, i titoli di testa. Il grande sfondo in De Palma serve da scenografia per la vicenda dell'intero film, invece in Tarantino il regista ci vuole sottolineare che nonostante tutte le splendide scenografie, centrali sono i personaggi più che il contesto e che il contesto lo fanno i personaggi. Lo zoom dal paesaggio/manifesto è a scoprire, mentre i due attori salgono in automobile per andare in giro per le strade di Hollywood, come faceva Craig Wasson sui titoli del film del 1984. Il “fondale” tornerà anche successivamente nel film di Tarantino, quando Rick riappare sul set e ne verrà spostato uno da un tecnico, poi sarà lo sfondo della conversazione tra lui e una giovanissima attrice. Il titolo del film, vero e proprio, è collocato all'inizio sul “fondale”, nel film di De Palma, mentre in quello di Tarantino alla fine, sopra il pavimento dell'entrata di casa Polanski/Tate, come per uscire dall'opera che lo ha ispirato e andare nel mondo reale.
Le connessioni tra le due opere sono anche altre: Rick Dalton abita nella casa di fronte a quella di Roman Polanski e Sharon Tate, mentre Jack Skully va ad abitare nella casa di fronte a quella della bella signora di alta classe che doveva/voleva sorvegliare nottetempo. Il tutto con l'ausilio di un monocolo stile La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, un film che assieme a La donna che visse due volte, dello stesso regista, ha ispirato Omicidio a luci rosse; Sharon Tate è la donna che visse due volte, almeno in un film.
Alla vicina casa di Tate e di Polanski, rappresentanti del cinema di serie A, Rick Dalton avrà accesso una volta che il (suo) “viaggio dell'eroe” sarà concluso, e avrà sacrificato la sua ombra Cliff Booth che salverà la vita sia a lui che alla parte angelica di Polanski. I due livelli si potranno incontrare. La possibile chiave di lettura è che nella Storia con la S maiuscola il cinema più raffinato viene salvato dal cinema di serie B, popolare, i cui incassi consentono alle produzioni di rischiare economicamente attraverso i film di un europeo trapiantato a Hollywood via New York e i misteri nascosti nei suoi palazzi.
La Storia, quindi, s'intreccia con la trama del film, ma in questo contesto c'è un innesto relativo alla vicenda della setta di Manson e Sharon Tate che nel film di De Palma, ambientato quindici anni dopo, non troviamo. Nel film compare però la candida Sharon Tate, che vediamo sola in casa ballare come faceva, anche se diversamente, la Holly in Omicidio a luci rosse, dove si spogliava a favore di mdp, mentre nel film più recente Sharon balla mentre si prepara la valigia dopo essersi vestita a seguito di un sonno ristoratore. Viene, così cambiato il senso al personaggio ribaltandone l'azione e il sonno non può che esserne il rito di passaggio. Allora era spiata da Sam Bouchard mascherato da indiano, il quale la osservava ballare vicino alla parabola, che in precedenza aveva riparato; mentre Cliff Both la osserva “vestirsi” mentre ripara l'antenna della tv sulla casa di Rick. L'indiano era in realtà il marito che voleva uccidere la moglie, ma anche Cliff ha ucciso la moglie, non in una villa, ma su una barca (possibile seguito del tuffo nel canale di Sam con il proprio cane), come ci spiega Cliff durante un dialogo innestato da una analessi.
Un altro cambio di prospettiva è appunto la presenza del cane, nella trama di Omicidio a luci rosse, voleva difendere la padrona di casa e si accaniva sul povero Jake Scully, mentre in C'era una volta a... Hollywood è sempre il “cane di casa”, ma è di proprietà (controfigura anch'egli della controfigura, in questa scena pericolosa) del nostro Cliff Booth che aiuta a uccidere i cattivi della setta di Manson a casa di Rick Dalton. Tarantino prende il villain del film di De Palma e lo muta facendolo diventare un amorevole protettore delle sorti del protagonista del film, che interviene al momento giusto riscattando, un po', l'omicidio commesso anni prima. Nel film di De Palma, oltre alle scene di meta cinema iniziali e finali, che rompono la narrazione lineare, a metà vi è d'improvviso un innesto. Questo quando Jake prende parte a un videoclip dei Frankie Goes to Hollywood. In questo film, invece, l'innesto è a metà del film, Rick Dalton è coinvolto nelle riprese di un western di serie B, un film nel film.
Questa la profonda connessione tra i due film: Rick Dalton scende impacciato la scala del saloon come impacciato era Jake Skully nel videoclip mentre scendeva la scala del locale, e la recitazione di Rick Dalton che sbaglia le battute, non se le ricorda, sono lo specchio proprio dei movimenti goffi, di Jake, nel videoclip. Il videoclip era l'intromissione esterna di un altro media, come lo è il servizio della TV in cui vediamo un giornalista intervistare Rick Dalton e Cliff Booth nel film di Tarantino poco prima dei titoli di testa. Nel videoclip Jack era al centro di una coreografia in cui era presente l'indiano. E' forse questa la molla che ha dato l'idea a Tarantino, di trasformare il videoclip in una scena western, in fondo il disco/pub con bancone è il saloon dell'ottocento.
Nel film del 1984 l'assassino armeggia con un trapano che diventerà un lanciafiamme, oggetto da set in C'era una volta Hollywood che servirà per difendersi, non per attaccare (a diventare flambé saranno gli hippy deviati), è il cinema che salva la vita. La maschera dell'indiano che il marito indossava per fare irruzione nella villa di Gloria Revelle diventa la maschera che i tre/quattro giovanotti, che vorrebbero commettere un omicidio assalendo la villa di Dalton, “indossano” per essere stati plagiati da Manson a vestire un'identità che probabilmente se non lo avessero conosciuto non avrebbero.
In una scena c'è anche una doppia citazione, Rick Dalton in costume è sdraiato in piscina, come il Benjamin "Ben" Braddock / Dustin Hoffman de Il laureato, Rick ascolta della musica in cuffia con le antenne, invece Jack Scully è sdraiato in un letto rotondo e telefona con un cordless con l'antenna, all'agente che gli dice che è stato protestato, licenziato per non aver saputo sostenere la parte nel film horror che abbiamo visto all'inizio di Omicidio a luci rosse. I tre periodi fusi assieme (Il laureato, Omicidio a luci rosse, C'era una volta a... Hollywood). Il rapporto tra agente e attore è presente anche in C'era una volta a... Hollywood, Dalton e il suo agente Al Pacino / Marvin Schwarzs si trovano a parlare nel bar del fatto che anche la carriera di Rick Dalton è al termine, almeno così come era strutturata fino a quel momento. Rick Dalton è triste e si consola con la sua controfigura in un bar, come faceva Jack Scully dopo aver saputo del tradimento della moglie e dopo essersene andato dal set.
I battibecchi tra Jack Scully e il regista Rubin / Dennis Franz sono simili a quelli tra Rick Dalton e Sam Wanamaker / Nicholas Hammond, ma, come per il personaggio di Cliff, ribaltati di senso. Rubin, sprezzante, scontroso e bugiardo, è un regista/protagonista che incarna gli anni ottanta del rampantismo reaganiano, tanto è morbido, affabile e premuroso Sam nei confronti del suo attore quindici anni prima, negli anni dell'attenzione alla condizione umana che poi andrà perduta.
L'azione di Manson che con un furgone va a perlustrare Cielo Alto, visto da Cliff mentre ripara l'antenna che ritrae i due assassini assieme, è analoga all'azione dell'indiano fermo dietro la propria jeep, ai piedi della salita intento a controllare i movimenti della moglie nel film di De Palma. Se in Omicidio a luci rosse era direttamente il marito che uccideva la moglie, perché eravamo nel pieno degli anni Ottanta caratterizzati dal protagonismo, invece, nel 1969 sono gli adepti di Manson ad ammazzare, poiché le iniziative sul finire degli anni Sessanta sono più corali, condivise.
Nel film di De Palma, Jake pedina Gloria Revelle, in un primo momento con l'auto, mentre lei guida al volante della sua Mercedes, poi in un secondo tempo a piedi, al centro commerciale. Nel film di Tarantino siamo, invece, noi a pedinare Sharon Tate che sia aggira, anche lei con la propria auto, una Porche, fino alla strada principale di Hollywood, infine a piedi. Lei non compra un paio di mutandine, come nel film del 1984, ma un romanzo (Tess dei d'Urberville di Thomas Hardy) che regalerà al marito il quale poi ne trarrà un film. Lo sguardo morboso di De Palma e del suo protagonista, in questo caso, diventa il nostro di spettatori e si fa documentaristico nei confronti quel mondo, e di quei personaggi, alzando il livello etico per una ripartenza “pulita” come la figura angelica dell'attrice Tate alla ricerca del suo sogno che potrebbe sposarsi con quella di una nuova New Hollywood tutta da scrivere/girare.
Seguendo la metodologia della New Hollywood, il nono film di Tarantino è una riflessione malinconica su Hollywood e sul suo sogno che nasconde, dentro se stesso, l'incubo che forse solo il cinema può esorcizzare, ma non fino in fondo. In conclusione possiamo dire che C'era una volta a... Hollywood è il sequel di Omicidio a luci rosse, i personaggi “tornano” qualche anno dopo, ma allo stesso tempo anche il remake, le situazioni sono simili, speculari, invertite ed è anche il prequel cronologicamente parlando.