A maggio 2018, il MIUR e il MIBACT promuovevano un "Piano Nazionale del Cinema per la Scuola". Un intervento mirato a programmare la valorizzazione del potenziale pedagogico del cinema, atteso da tutte le istituzioni, insegnanti e liberi professionisti che con il cinema fanno didattica, in linea anche con i temi dell'Agenda Europea 2030. L'immagine in movimento e la forza comunicativa del cinema da sempre costituiscono una scintilla imprescindibile per l'educazione scolastica, mentre, soltanto negli ultimi anni sta diventando un vero e proprio mezzo di media literacy trasmettendo messaggi politici e culturali al pubblico meno colto, indirizzandolo verso nuove scelte, approfondimenti, prese consapevoli di posizione, ricordando ad esempio, non come ultimo caso, la solidarietà espressa spontaneamente per i ragazzi del Piccolo Cinema America.
Anche a France Odéon 2018, c'è stato un alto momento ri-educativo – perché di fatto, negli ultimi anni, si tratta di ri-educare a principi e valori umani che parevano imperturbabili – con la presentazione de Un peuple et son Roi, attesissimo, ultimo lungometraggio di Pierre Schoeller, già César nel 2012 per la miglior sceneggiatura originale de Il ministro - L'esercizio dello Stato (Fra|2011) e notoriamente, sensibile alla ri-educazione politica.
Il film è stato presentato da Francesco R. Martinotti, Direttore del Festival, nel pomeriggio del 1 novembre a La Compagnia di Firenze. Una proiezione alle 16, che affrontava il rischio – come afferma lo stesso Martinotti in sala - di offrire un film complesso, in un orario solitamente previsto per il relax dei giorni di festa. In realtà, la proiezione ha ottenuto il successo che meritava, con una sala gremita fino all'ultimo posto e occhi incollati alle ghirlande tricolore dei sans-culottes che senza sosta animavano quasi dal vero lo schermo in sala. "Sete di sapere" è l'atmosfera che si respirava a pelle in sala, ma anche la sensazione di ritrovare nuovi, vecchi principi, come il senso della cittadinanza, la consapevolezza dell'espressione "sono un cittadino italiano (francese,nel film)", il sollievo di rifugiarsi in una storia, che c'è stata, è esistita e che quindi, fa pensare che possono esistere persone di alto livello morale, intellettuale e politico, come Robespierre, Marat, Danton e... Françoise Candolle, nel film interpretata da un'espressiva Adèle Haenel, sans-culotte senz'arte né parte in apparenza, ma con una coscienza politica tale da fondare la Première Republique Française, nell'estate del 1789.
Si perché, il film non racconta i primi tre anni della Rivoluzione Francese, ma prende il via dalla caduta della Bastiglia e segue Françoise, la lavandaia interpretata dalla Haenel e Basile, il vagabondo senza cognome a cui Gaspard Ulliel ha dato un'immensa voce con lo sguardo e poche parole. I due scoprono insieme per le strade di Parigi, l'euforia della rivoluzione e dell’emancipazione del popolo, che comincia ad auto-istruirsi e a creare nell’Assemblea Nazionale appena costituitasi, un nuovo sistema politico. Le loro discussioni e le rivolte per le strade decidono il loro destino e quello di colui che un tempo era il loro "sacro re" che più volte chiede: "Où est mon peuple?" cercando un popolo, laddove non vi sono più sudditi.
La libertà ha quindi una storia, è lo stesso Pierre Schoeller allo scorso Festival del Cinema di Venezia che ricorda il ruolo pedagogico che la Rivoluzione ha avuto per il popolo francese di allora, e che ha, per quello attuale: "Volevo filmare un popolo attivo. Un popolo che inventa un destino, discute, spera, si mobilita. Questo popolo ha costruito la propria sovranità, ha stabilito nuove relazioni di uguaglianza, decretato nuovi diritti. Ha fondato una repubblica. Non è un’invenzione dei nostri tempi: queste persone sono esistite. Questo popolo, nato nel 1789, nell’estate di quell’anno ha iniziato una rivoluzione. Ascoltiamolo. Ha qualcosa da dirci".
"Antenne" sintonizzate, concentrazione e spirito di ascolto sono le stesse sensazioni percepite in sala a Firenze, con un pubblico franco-italiano che si appassionava ad ogni scena, ritrovava principi dei diritti umani, si accendeva di ammirazione verso le idee di libero accesso alla politica espresse dall'Avvocato Robespierre in Assemblea, in un momento storico, in cui, c'è molto individualismo politico, vacuità di temi e reazioni glaciali.
Si parlava di scuola, in apertura perché il 1789 segna anche un grande momento storico per il sistema educativo francese che ha poi avuto forti ripercussioni sull'Europa intera, ma allora, forse non come adesso, in senso positivo: nel 1789 viene avviata la riorganizzazione dell'istruzione, facendo tesoro delle lezioni dell'Illuminismo, sia critiche sia propositive. Il 10 settembre 1791 Talleyrand presentava alla Costituente il rapporto sull'istruzione pubblica, proponendo un'istruzione utile alla società e al suo progresso, attraverso una scuola popolare gratuita e le scuole distrettuali secondarie.
121 minuti di storia, politica e rieducazione alla cittadinanza attiva girati quasi tutti – per scelta determinata di Schoeller – attorno al punto di vista unico della gente povera: il personaggio di Robespierre abbozzato da un discreto Garrel, un Re ammutolito e poco presente, figure chiave della politica francese dell'epoca, come Danton e Marat lasciate al margine di un popolo affamato, a cui Schoeller ha voluto dare gran voce: il messaggio del regista è molto chiaro, al pubblico spetta la decisione di ascoltare l'immagine in movimento e sedimentare una coscienza...cinematografica.