Louis è un giovane avvocato, timido e obbediente quanto ambizioso. È bravo nel lavoro nelle retrovie, ma la sua goffaggine nelle interazioni sociali gli rende difficile farsi notare e rendersi protagonista. Quando, per un errore di diagnosi presto risolto, comunica in ufficio di essere malato di cancro, si accorge inaspettatamente che i benefici derivanti dalla situazione sono più di quanti avesse immaginato, e rettificare la sua posizione gli diventa sempre più difficile.
Una bugia per due di Rudy Milstein fa sua la massima di Oscar Wilde secondo la quale sia molto più facile simpatizzare col dolore che col successo altrui, e a maggior ragione – sembra suggerirci – in una società iper-competitiva come la nostra. Figuriamoci poi all'interno di uno studio legale giusto in procinto di difendere un grosso produttore di pesticidi da un gruppo di persone malate di cancro, convinte siano state quelle sostanze a cagionare il loro stato, con Louis malato come interlocutore ideale per persuaderli a transare senza andare in causa.
Come prevedibile, e come tipico della commedia brillante, il simpatico impostore Louis si troverà a comprendere molte più cose di quante avesse preventivato. Ma, per quanto la traiettoria verso la scoperta dei “veri valori della vita” sia ovviamente e volutamente prevedibile, Una bugia per due ci arriva con grazia, senza mai far prevalere la retorica sulla comicità e la spigliatezza di scrittura.
Centrale per la riuscita del film la costruzione dei personaggi, a partire dal protagonista interpretato da Vincent Dedienne (ottimo nelle ripetute transizioni fra toni comici e drammatici) ma anche una claque di comprimari molto ben sviluppati nel corso della storia: la barricadera militante Hélène, il mite e ironico Julien, l'avvocata gelida ma non troppo Elsa, i terribili genitori di Louis e il surreale vicino di casa atarassico Bruno, interpretato dal regista stesso.
E a dispetto dell'insensatezza del titolo italiano, probabilmente scelto secondo criteri dadaisti (l'originale francese era il ben più incisivo Je ne suis pas un héros), Una bugia per due dimostra notevole chiarezza di visione nel mettere alla berlina il politically correct quando spurgato di ogni significato, ormai utile solo a mantenere delle apparenze e a raggiungere più agevolmente i propri fini non sempre encomiabili. Riflessione quanto mai attuale, portata in scena senza intenti manifestamente didattici o ostentatamente cinici, e proprio per questo alla fin fine più persuasiva.