Marco di Castri, Paolo Favaro, Daniele Pianciola hanno diretto e presentato a Venezia in occasione della Mostra del Cinema il documentario L’Enigma di Jean Rouch a Torino – Cronaca di un film raté in cui sono ricostruiti i due anni di lavorazione al film L’Enigma (1987).

Jean Rouch (deceduto in un incidente stradale in Nigeria nel 2004) è ricordato, nelle diverse interviste, come un uomo estremamente simpatico, dedito allo studio e amante della cucina. Un uomo che non viene solo raccontato e ricordato, ma che (grazie al materiale filmico dei making-of) torna in vita, nel pieno del suo spirito dionisiaco, davanti allo spettatore. Di scuola surrealista e, di conseguenza, di inclinazione provocatoria, era fautore della produzione tecnologica, ma con l’idea di assenza totale del sentimento di oppressione dovuto al lavoro. Infatti, quando arriva a Torino, rimane estasiato alla vista dell’imponente Mole Antonelliana che egli stesso descrive come: “un monumento che si muove per la città, che gioca con i suoi cittadini”. Jean Rouch ha una sua gioconda visione della Mole, che gli appare come un monumento simile ad un sottomarino in verticale o ad un razzo pronto ad essere lanciato nello spazio.

Quando i tre registi proposero a Jean Rouch l’idea di girare un film sulla città di Torino, lui accettò subito. Ed ebbe l’idea di raccontare non una Torino qualsiasi, bensì la Torino di Nietzsche e di De Chirico. Dai making-of emerge quanto l’amore per l’arte lo portasse a spiegare ai tre giovani, girovagando per la città, quanto stavano osservando affinché vedessero nella profondità e nella storia di quei monumenti e di quelle strade percorse da Nietzsche e De Chirico. Di Castri, Favaro e Pianciola lo ricordano come un “padre artistico” che usava il suo corpo come un prolungamento della macchina da presa poiché essa potesse riprendere come immaginava lui. Non riprendeva mai due volte, se la scena non era “buona la prima” lui la usava lo stesso. Per questo motivo, per la sua dedizione alla credenza del potere delle immagini e per l’appartenenza ai Cahiers du cinéma, fu considerato (come Rossellini) un fratello maggiore per gli altri artisti della Nouvelle Vague.

Successivamente è stato mostrato l’inedito cortometraggio Cousin, cousine (1985-87): unico film di Rouch girato a Venezia, restaurato dal Centre National du Cinéma et der l’image animée in collaborazione con la Fondation Jean Rouch. Il corto ritrae due cugini africani (la terra del suo cinema) che giocano a risolvere un mistero e a cercare tracce dell’Africa sul suolo veneziano. Uno spiritoso ritratto di Venezia che i due turisti vedono come una città difettosa e inadeguata alla vita quotidiana. Una raffigurazione in cui, di tanto in tanto, irrompe la voce fuori campo di Jean Rouch che suggerisce agli attori cosa fare. Una visione pertinente se guardata al fine di comprendere il pensiero di Rouch che è, nello stesso tempo, realista e irrealista.