Essere genitori non è mai facile e A Kid Like Jake narra proprio di questo. Tratto dall’opera teatrale di Daniel Pearle (anche sceneggiatore del film) i personaggi si muovono all’interno dei loro ambienti come fossero a teatro. Lo spazio visivo è spesso limitato e concentrato sui soggetti prescelti, tenendo fuori dal quadro il resto del mondo. Alex e Greg sono un giovane coppia affiatata, ma la stremante rincorsa all’iscrizione nella scuola perfetta, per il loro bimbo di quattro anni, li porta ad aprire gli occhi sul loro rapporto e soprattutto su Jake. Estremamente intelligente, Jake è piuttosto sicuro di ciò che gli piace. Chi lo conosce bene è Judy (Octavia Spencer), la sua educatrice scolastica nonché cara amica di Alex. Le macchinine, i pirati e i Power Rangers non attraggono il piccolo che, invece, desidera mascherarsi da principessa Disney e giocare, in camera da letto, nel suo castello privato fatto di veli e tessuti soffici.

Il titolo A Kid Like Jake, ovvero “un bambino come Jake”, è un’affermazione che Alex e Greg si sentono ripetere spesso da amici e famigliari. Questa frase, apparentemente innocua, è per i genitori di Jake più tagliente di una lama affilata. Da qui partono la maggior parte delle discussioni che vertono attorno al bambino, ma che in realtà sono indice di una sofferenza genitoriale. Per Alex (Claire Danes) è stato difficile portare a termine quella gravidanza e non riesce a tagliare il cordone ombelicale. Il suo Jake è creativo, dolce e non deve affrontare difficoltà nella vita, né a quattro anni né mai. Greg (Jim Parsons) è uno psicologo, non ha interessi da comune maschio alfa, e mantiene la sua personalità lavorativa imparziale anche all’interno delle dinamiche famigliari. L’educazione di Jake però, si insinua all’interno del rapporto di coppia e, ad un certo punto, come una bomba ad orologeria, scoppia, facendo così crollare ogni convinzione: la certezza del genere e dell’orientamento di Jake in primis, e la consapevolezza del ruolo genitoriale subito dopo.

Se tendenzialmente il punto di ritrovo della famiglia è sempre in cucina o a tavola, qui l’ambiente neutrale per tutti, al centro di alcuni punti cardine del film, è il salotto. Mentre la tavola, o il cucinare, sono attimi in cui le crepe famigliari ed emotive si mostrano. La macchina da presa di Silas Howard, anche in questo caso, asseconda il retroscena teatrale dell’opera, che così acquista molta intensità all’interno della sua semplice linearità. Ciò che è sottolineato più volte, all’interno dell’arco narrativo, è il fatto che gli adulti debbano etichettare Jake in un qualche modo, valutandolo e “smistandolo” come se fosse un pacco postale. Così Howard sottopone l’intero gruppo di personaggi ad una continua analisi, messa in atto dal suo occhio inquisitorio.

Silas Howard è da sempre impegnato nel dare spazio alle persone relegate ai margini dalla società - focalizzandosi sulla tematica transgender - e in questo caso dà voce a qualcuno che ancora non sa esprimere verbalmente il perché dei suoi desideri istintivi, ma può solo fare affidamento sul supporto dei suoi genitori.