Diretto dal NoCut Film Collective, gruppo transnazionale composto da tre registe e produttrici provenienti dall’Italia, dall’India e dalla Romania, il documentario A Rifle and a Bag ci mostra la vita di Somi e suo marito Sukhram, ex combattenti nella guerriglia maoista dei Naxaliti, che dagli anni ‘60 lotta per i diritti delle comunità tribali dell’India. Proiettato al festival di Rotterdam e di Torino, il documentario sarà di nuovo visibile su MyMovies dal 18 al 28 marzo in occasione dell’Edizione Speciale dell’Isola del Cinema - Riprendiamoci il Futuro.
Somi e Sukhram hanno abbandonato le armi e dato vita a una famiglia, correndo il rischio di rappresaglia da parte degli ex compagni d’armi, e al momento vivono in un limbo giuridico dal quale non sembra profilarsi una via d’uscita. A Rifle and a Bag ci mostra quindi una storia apparentemente semplice che si dipana su molteplici quesiti morali, riguardanti le conseguenze di scelte radicali, l’incrinarsi delle ideologie sotto il peso dei sacrifici e il divampare della violenza in ogni sua forma: fiamma che si propaga in ogni ambito del corpus sociale e collettivo, innescando una serie di rapporti di causa ed effetto dai quali per i protagonisti sembra impossibile liberarsi.
È il peso delle scelte che grava su Somi, principale voce narrante del documentario. Ognuna di esse ha comportato traumi e sofferenze, a cominciare dalla decisione, all’età di dodici anni, di entrare a far parte dei naxaliti: da quel momento la famiglia l’ha dovuta rinnegare per sfuggire ai soprusi della polizia, vista la violentissima repressione che lo Stato indiano esercita sui naxaliti e sui loro familiari. Ugualmente lacerante è stata la scelta di lasciare la guerriglia, e ad oggi sono i suoi figli a pagarne le peggiori conseguenze tramite l’indiretta ritorsione dello Stato, ossia il mancato riconoscimento di appartenenza a una casta, condizione che esclude i bambini dall’istruzione statale.
Nel mezzo di questo intricato labirinto burocratico che comporta uno stallo nelle esistenze dei protagonisti, assistiamo all’altalenare di Somi di fronte al proprio percorso di vita. Non rinnega i principi etici che muovono i guerriglieri naxaliti, ma il peso delle sue azioni e le loro conseguenze gravano su di lei e su tutti i membri della sua famiglia, ponendola di fronte a una messa in dubbio generalizzata di ogni aspetto della propria esistenza.
Cosa rimane quindi dopo aver combattuto una battaglia persa? Per quanto ancora i figli sconteranno quelle che per le istituzioni sono le colpe dei padri? Senza pretendere di dare risposte a tali quesiti, le registe del NoCut Film Collective ci mostrano soltanto l’evolversi degli eventi. A sottolineare l’inquietudine dei protagonisti, la scelta estetica di riprendere Somi e i suoi familiari come un nucleo solitario e isolato, circondato dal buio della notte, illuminato soltanto dalle fiamme del fuoco acceso per scaldarsi. Mancano certezze e ci si muove in un terreno impervio, anche la rete protettiva degli affetti sembra incrinata dall’ingerenza di forze esterne, eppure ci si stringe ancora attorno a una fiamma, flebile ma resistente come i principi che un tempo li portarono a combattere.