Un fitto groviglio di cinema, musica, memoria e storia scandisce Alessandria perché? (1978), di Youssef Chahine, primo capitolo di un’intensa tetralogia a carattere autobiografico, che prosegue con La memoria (1982), Alessandria, ancora e sempre (1990) e Alessandria… New York (2004). Alla fine degli anni Settanta, a cinquant’anni compiuti e all’apice della propria carriera, Chahine volge lo sguardo indietro nel tempo, per ripercorrere gli anni irrequieti della propria giovinezza e maturità, intrecciandoli a quelli turbolenti vissuti dalla sua città natale, Alessandria, e da un paese intero, l’Egitto, militarmente occupati e costantemente in guerra.
La Storia e i suoi avvenimenti si legano indissolubilmente alla vita e alla memoria dei tanti protagonisti, in un racconto corale in cui, ancora una volta, predomina la rappresentazione visiva, plasticamente sontuosa, che si sviluppa in quadri complessi, animati da riferimenti pittorici e cinematografi in cui convivono felicemente l’avanguardia e il cinema di genere, il found footage e l’auto-fiction, il realismo e il musical. Il prologo di Alessandria perché? sovrappone immagini di archivio, in bianco e nero, che svolgono il racconto degli anni bui dell’Europa e del vicino oriente, dall’ascesa di Hitler e Mussolini all’intervento delle forze alleate, a sequenze comuni e quotidiane, a colori e quasi “domestiche”, domeniche al mare e passeggiate per la città nei giorni di festa.
Al centro di questo intricato ma chiarissimo ordito il giovane Yahia, alter ego di Chahine, interpretato da Mohsen Mohieddine, che sogna il cinema e a scuola recita i monologhi di Amleto. Il suo peculiare coming of age si compie però oltre la comunità, la cultura e la religione (quella cristiano-ortodossa) in cui il giovane è cresciuto, inglobando un contesto cosmopolita e complesso che rispecchia l’identità della città, Alessandria appunto, in cui storicamente i legami sociali fra classi e famiglie si intrecciano da sempre, al di là dell’appartenenza. Emblematica a questo proposito la sequenza finale in cui, ottenuto il visto per l’America, Yahia riceve il sostegno economico, pratico ed emotivo delle famiglie del quartiere, del Pascià, delle bande criminali, degli impiegati di banca e di quelli dell’ufficio postale: il viaggio del giovane simboleggia emblematicamente la realizzazione di un anelito comune che trascende le differenze. Lo stesso arrivo a New York viene incorniciato dal medesimo spirito: lo sguardo felice di Yahia si apre alla vista della Statua della Libertà, mentre le preghiere di alcune famiglie ebraiche riecheggiano alle sue spalle.
Alessandria perché? non si limita al racconto di formazione, bensì colloca “l’avere diciotto anni” o poco più di Yahia, e dunque dello stesso Chahine, in uno spazio e in un tempo precisi: Alessandria, sul finire della Seconda guerra mondiale, in una città occupata e contesa, teatro di scontri e di tentativi di resistenza. Il padre di Yahia rinuncia alla carriera e al lavoro di avvocato per non compromettersi con le autorità inglesi; piccoli gruppi si armano e si raccolgono intorno a Ibrahim (A. Zaki), studente universitario, arrestato e condannato ai lavori forzati per cospirazione; o ancora un militante nazionalista arabo compra, con l’intenzione di ucciderlo, un soldato inglese, Tommy (G. Friskin). La resistenza alla guerra e alle occupazioni si consuma ancora una volta fra e con le immagini, intrecciando il materiale di archivio con quello della storia dei personaggi: si pensi allo spettacolo realizzato a scuola da Yahia e dai suoi compagni, in cui la mise en abyme fra il materiale found footage e la rappresentazione è efficacemente paradossale e comica; o ancora alla bomba che un sodale di Ibrahim lancia dalla propria finestra e che esplode in un frammento interpolato, in bianco e nero, su un camion inglese.
Accanto alla rappresentazione delle storie e della Storia, Chahine si concede coraggiosamente la possibilità di esprimere un messaggio di fraternità e pace, esponendosi a critiche, censure e denunce: si pensi alla relazione che si instaura fra il militante nazionalista e Tommy, al loro amore inaspettato e assurdamente puro, e alla condanna che viene espressa contro l’uso della violenza e di atti terroristici nella questione palestinese. Sovversivo, potente e visionario, Alessandria perché? si rivolge, ancora una volta, al mondo intero, trasformando la storia di un giovane in un messaggio universale, ribadendo allo stesso tempo l’incanto del cinema di Chahine.