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“Cielo infernale” di Youssef Chahine al Cinema Ritrovato 2019

Con Cielo infernale (1954) Youssef Chahine affronta direttamente le conseguenze sociali e politiche della rivoluzione del 1952, quella dei Liberi ufficiali, e della prima riforma rurale, rappresentando nitidamente il tentativo di emancipazione dei lavoratori: quei “braccianti” tradizionalmente schiacciati dal sistema feudale a servizio del Pascià. Assecondando ancora una volta la predilezione per il racconto corale, la contaminazione fra i generi e la sovrapposizione fra la Storia e le storie, Chahine si concentra quasi pittoricamente sulla rappresentazione dello scarto profondo e apparentemente insanabile che divide la famiglia del Pascià dalla massa di contadini. Costruito ricorrendo a vere e proprie coppie oppositive che descrivono ricchezze e povertà dei personaggi,

“Alessandria perché?” di Youssef Chahine al Cinema Ritrovato 2019

La Storia e i suoi avvenimenti si legano indissolubilmente alla vita e alla memoria dei tanti protagonisti, in un racconto corale in cui, ancora una volta, predomina la rappresentazione visiva, plasticamente sontuosa, che si sviluppa in quadri complessi, animati da riferimenti pittorici e cinematografi in cui convivono felicemente l’avanguardia e il cinema di genere, il found footage e l’auto-fiction, il realismo e il musical. Il prologo di Alessandria perché? sovrappone immagini di archivio, in bianco e nero, che svolgono il racconto degli anni bui dell’Europa e del vicino oriente, dall’ascesa di Hitler e Mussolini all’intervento delle forze alleate, a sequenze comuni e quotidiane, a colori e quasi “domestiche”, domeniche al mare e passeggiate per la città nei giorni di festa.

“Bab Al-Hadid – Stazione centrale” di Youssef Chahine al Cinema Ritrovato 2019

Considerato come uno dei capolavori assoluti del cinema arabo e come il primo film in cui si definiscono compiutamente lo stile e il registro visivo di Chahine, Bab Al-Hadid delinea e rappresenta le ambiguità e le contraddizioni della società egiziana della fine degli anni Cinquanta e le miserie quotidiane di uomini e donne comuni che popolano con il loro incessante “brulichio” la stazione centrale del Cairo, cuore pulsante di un paese in tumulto. All’incrocio di una moltitudine di sguardi, Chahine pone Kenaoui (interpretato dallo stesso Chahine): povero fra i poveri, storpio – segnato dunque da un difetto spesso assimilato alla manifestazione del “male” -, reietto, indesiderato, non visto. La dialettica che si stabilisce fra il vedere e l’essere guardato è alla base della struttura di Bab Al-Hadid che impone a Kenaoui il solo ruolo di osservatore, represso e frustrato.