Anche quest’anno Archivio Aperto, la rassegna organizzata da Home Movies, ci riserva numerosi spunti sui quali soffermarci per un approfondimento. L’incontro curato da Andrea Mariani (Università degli Studi di Udine) sulle animazioni moderniste, ovvero cartoni animati e passo uno nel cinema dei Cineguf, vera e propria fucina del cinema italiano del dopoguerra, un incontro nel quale sono stati presi in esame alcuni cortometraggi sperimentali prodotti dai Guf, gruppi universitari fascisti, tra il 1934 e il 1943.

Questi film sono realizzati prevalentemente da studenti universitari che grazie all’istituzionalizzazione della cultura cinematografica condotta dal regime fascista si organizzano all’interno degli atenei nelle sezioni cinematografiche dei gruppi universitari fascisti. Nel '34 anche le attività cinematografiche amatoriali, le associazioni sparse sul territorio e i cineclub indipendenti  vengono centralizzati all’interno delle università, sono raccolti nei Cineguf non soltanto gli studenti universitari ma anche i liceali e i lavoratori interessati a fare pratica cinematografica in strutture coordinate direttamente dalla segreteria del partito nazionale fascista che gestisce le diverse attività dei Cineguf come la partecipazione a convegni, a corsi di cinematografia e la possibilità di usufruire di agevolazioni economiche per l’equipaggiamento tecnologico, attraverso un accordo tra l’Istituto Luce e l’Agfa che produce pellicole a passo ridotto. I lavori dei cinegufini hanno una circolazione internazionale, si pensi che, fino alla fine della loro esperienza, nel giugno del '43 li troviamo al festival internazionale di Zagabria.

Il cinema sperimentale ha come scopo la costruzione e l’allenamento di una pratica che sia il più possibile degna di una struttura del regime fascista, si rifiuta l’idea del dilettantismo, il cinema sperimentale acquisisce così una sua autonomia alimentata dall’idea di dover riscrivere il cinema italiano, creando dal basso le nuove generazioni di registi. I più meritevoli ricevono delle borse di studio per poter frequentare il Centro sperimentale di cinematografia che nasce proprio nel 1935.

Nel cinema sperimentale dei Cineguf rientrano tutti i generi, dal documentario alla finzione e ovviamente anche il cinema d’animazione; per sperimentale non si intende lo stile ma l’esperienza della pratica cinematografica attraverso una conoscenza totale delle competenze tecniche. Mettere in primo piano l’acquisizione di una competenza legittima la libertà dei cinegufini nella scelta dei contenuti che non vengono censurati durante le competizioni cinematografiche dei Littoriali.

I Cineguf sono fondati alla fine del 1934, l’anno successivo iniziano le celebrazioni del 40° della nascita del cinema, un’iniziativa della Direzione generale della cinematografia che vede coinvolti direttamente i Cineguf e che ha luogo il 22 di marzo, il giorno prima dell’anniversario della rivoluzione fascista. 

L’evento vede la partecipazione di Louis Lumière, dell’establishment della cultura francese, ha quindi anche una rilevante funzione strategica in un momento in cui l’Italia vuole affermarsi come nuova potenza coloniale. Per celebrare l’evento vengono realizzati tre film tra i quali troviamo una pellicola di Walt Disney che lui stesso invia per omaggiare le celebrazioni dell’anniversario del cinema. La presenza di Disney è fondamentale perché si inizia ad associare l’idea di una ricognizione sulle origini del cinema all’animazione, concetto che si consolida andando a ritrovare nella cultura dei giovani partecipanti ai Cineguf l’impatto di questa celebrazione. Il Guf di Cagliari, ad esempio, pubblica due fascicoli dal titolo Sopra una vera storia del Cinematografo e Come si anima un cartone animato, nel quale si trovano numerosi riferimenti alle Silly Symphonies di Disney, si diffonde così la percezione che non si tratti soltanto di riflettere sull’animazione delle immagini, il discorso è per loro strettamente collegato al funzionamento del dispositivo cinematografico. Le celebrazioni del '35 divengono occasione per affermare le novità del cinema sperimentale dei Cineguf, distante dal cinema commerciale e da quello amatoriale, è un importante momento di riflessione sulle origini del dispositivo cinematografico e sulla pratica dell’animazione che mette maggiormente in risalto il meccanismo del cinema, un tornare alle basi di questa tecnica che viene scomposta obbligandoli a ragionare sulla struttura materiale della tecnologia, ed è questo il cinema sperimentale per eccellenza.

Nel 1935 i Fratelli Cerchio girano Notturno n.2, un film di disegni animati. Fernando e Francesco fanno parte del Cineguf di Torino e in precedenza hanno fondato la Cito (Cineamatori Torino), uno dei numerosi gruppi associativi che in tutta la penisola riuniscono i cinefili dell’epoca. I disegni sono realizzati da Fernando, studente all’Accademia di Belle Arti, il quale vince una borsa di studio che gli permette di frequentare il Centro sperimentale, successivamente ha un’interessante carriera nel cinema popolare del dopoguerra, tra film di genere e commedie, sue le pellicole Totò contro Maciste (1962), Totò e Cleopatra (1963) e Totò contro il pirata nero (1964).

Notturno n.2 è un film dal gusto surrealista, non è sonorizzato ed è stato realizzato con dei fondali fissi per ogni scena, mentre l’animazione è definita con dei trasparenti che vengono sovrapposti al fondale: “È il primo tentativo di creare un cartone animato a passo ridotto che si stacchi nettamente dalla tavoletta di La Fontaine o di Grimm. È sera. A poco a poco cade la notte: le cose prendono un aspetto strano nella penombra lunare, nel cielo ridono le stelle, che hanno assunto la forma fantastica del mito. Mentre i gatti miagolano alla luna sui tetti, sui muri i disegni dei bimbi si muovono come cosa viva; pupazzetti danzanti il girotondo, feroci spadaccini in singolar tenzone, cavalieri su cavalli al galoppo. Intanto sul mondo addormentato aleggia un fantasma, misterioso e diafano come ogni ombra notturna: due lugubri gufi lanciano nel buio il loro rauco grido. Ma la notte è al termine: il gallo canta; si dilegua il fantasma nascondendosi in un camino e le cose, per breve tempo trasfiguratesi, tornano cose inanimate; la luce del giorno trova immutato il vecchio mondo”. (“Il Lambello”, maggio 1938).

La pellicola è conservata al Museo del Cinema di Torino insieme a un documentario di Fernando Cerchio che rivela esplicite influenze futuriste, sono evidenti quindi i legami dell’autore con i circoli artistici dell’epoca. Nel 1935 il cortometraggio partecipa alla Mostra di Venezia e l’anno seguente va a Berlino, è quindi un film che ha una circolazione internazionale come spesso accade per i lavori dei Cineguf.

Nel 1936 sulla rivista “Cinema” Francesco Cerchio pubblica un resoconto sulla realizzazione di Notturno n.2 dal titolo Disegni animati in passo ridotto. Servendosi di alcune illustrazioni che documentano l’opera, condivide le proprie scelte registiche dando ai suoi colleghi importanti consigli tecnici. Cerchio mostra l’apparecchiatura, il banco di ripresa, il disegno-base relativo ai primi 8 disegni del movimento del salto del bufalo e infine lo stesso paesaggio, di notte e all’alba, in cui si spiega come il passaggio graduale tra l’uno e l’altro sia ottenuto con una lenta dissolvenza incrociata. Mostrare il backstage, ad esempio i provini che vengono considerati alla stregua di un sottogenere, in questo periodo assume una rilevanza che nel dopoguerra andrà persa per poi ricomparire nei contenuti extra dei DVD.

Il pensiero teorico è una costante dei cinegufini e l’animazione si lega alle origini del cinema proprio perché significa tornare alle fondamenta del funzionamento della macchina, questo li riporta alle basi della costruzione del movimento.

Ugo Saitta invece proviene dal Cineguf di Catania, studente al Centro sperimentale e futuro documentarista, ci lascerà un intenso ritratto della sua Sicilia, nel 1937-1938 realizza un cortometraggio con dei pupazzi servendosi dell’animazione passo uno. Nella sua Catania Saitta riunisce i cineamatori sotto la Juventus Film e, come di consuetudine, questa viene incorporata all’interno dei Cineguf. Il Centro sperimentale conserva ancora oggi i compiti in classe di Saitta, testimonianza dell’inventiva del giovane regista che scrive anche il soggetto per un film di fantascienza fascista; Fascisti su Marte è di là da venire.

Teste di legno o Pisicchio e Melisenda è il titolo dell’animazione di Saitta, una favola eseguita con grande maestria animando dei pupazzi, la pellicola è sonorizzata ed è conservata nella Filmoteca Regionale Siciliana, l’ottima qualità del sonoro fa pensare che si tratti di un’edizione successiva, da collocare forse nella prima metà degli anni '50. Tutti gli elementi del corpo dei personaggi vengono messi in moto, anche le pupille degli occhi sono mobili e mostrano lo stato d’animo di questi moderni pupi siciliani, un lavoro di undici mesi per una proiezione di undici minuti.

Passiamo ora al Cineguf di Milano, dove troviamo la scultura animata in plastilina di Gianantonio Fabris, studente all’Accademia di Brera, meglio conosciuto come Toni Fabris, il cortometraggio dal titolo 3 studi di scultura animata (1937) è prodotto dalla Dolomiti Film, fondata da Emilio Emmer e dal figlio Luciano, quest’ultimo è legato al Cineguf milanese e alla Galleria Il Milione frequentata dai rappresentanti delle avanguardie, nella quale vengono proiettate le pellicole della Dolomiti film, questa ha lo scopo di produrre cortometraggi legati all’ambito artistico come il celebre Film n.4 (1940) di Luigi Veronesi.

I 3 studi di scultura animata sono stati ritrovati dai nipoti di Fabris nella soffitta del nonno e rimontati ipotizzandone il titolo e la successione delle sequenze dei tre esperimenti di scultura animata a passo uno, i frammenti includono Apollo e Dafne, Fantasia plastica e Uomo stanco, quest’ultimo ripreso nel cortometraggio del 1949 Gli uomini sono stanchi, con musiche di Luciano Chailly e voce di Giorgio Albertazzi. Nei 3 studi i riferimenti alle avanguardie scandiscono l’inquieta animazione dell’inorganico, chiaramente modernista. Le disavventure della terza compagnia, un altro film di disegni animati, tecnicamente molto simile al lavoro dei Fratelli Cerchio, è stato recuperato con l’aiuto del Laboratorio La Camera Ottica (Università degli Studi di Udine), un vero e proprio salvataggio della pellicola in avanzato stato di decadimento a causa della sindrome dell’aceto.

L’animazione è attribuita ad Antonio Marzari, legato al Cineguf di Venezia, amico del regista e critico Francesco Pasinetti nonché teorico del cinema dei Guf. Le disavventure della terza compagnia, racconta di una compagnia militare ritratta con caratteri molto lontani dall’orgoglio di regime, che trascorre una nottata, buia e tempestosa, in un luogo sinistro e decadente, dal quale sembra trasparire un sintomo di insoddisfazione. Antonio Marzari frequenta il Centro sperimentale, si dedica perlopiù al documentario e lavora ad alcuni film come direttore della fotografia, tra i quali ricordiamo È sbarcato un marinaio di Piero Ballerini (1940) e La gondola del diavolo di Carlo Campogalliani (1946).

Per concludere torniamo alla produzione di film d’arte di Luciano Emmer. Bruno Munari (che con molte probabilità frequenta il Cineguf anche se non ci sono giunte informazioni in proposito) propone un soggetto alla Dolomiti Film, L'amore è un lepidottero , una favola surrealista dal messaggio pacifista. Munari non riesce a portarla a termine ma fortunatamente sopravvivono alcuni fotogrammi dipinti a mano, pubblicati nel 1942 nell’Almanacco dello “Specchio”, una commistione di immagini documentarie e animazione illustrate dal testo del soggetto del film: “Testa del giovane che guarda in su. Una persiana nera si apre lentamente e dallo spiraglio esce una mano di donna. La mano lascia cadere un bigliettino bianco piegato in due. Il bigliettino cade svolazzando. Da un cespuglio si alza un volo di farfalle bianche. Le farfalle incrociano il bigliettino. Túrbine: il bigliettino si confonde con le farfalle. (…) Il giovane insegue le farfalle. (…) Le farfalle attraversano la strada. Semafori rossi: il giovane non può attraversare. Semafori verdi. Il giovane vorrebbe attraversare ma, in quel momento, passa un reggimento di cavalleria. (…) Il reggimento di cavalleria è passato. Il giovane si slancia all’inseguimento delle farfalle. (…) Il giovane si precipita e col cappello riesce a colpire qualche farfalla. Particolare del cappello che la mano del giovane lentamente alza scoprendo il bigliettino. (…) Lui e lei seduti in una poltrona (voltando la schiena al pubblico) tengono in mano e guardano un quadretto di farfalle imbalsamate; tra queste, fissato con uno spillo come un insetto, c’è anche il bigliettino. Lei si alza, appende il quadro alla parete e assieme a lui si affaccia alla finestra. Strada di città, semafori in movimento, passa uno squadrone di cavalleria”.