Molti sogni per le strade (1948) di Mario Camerini e Nella città l’inferno (1958) di Renato Castellani non potrebbero sembrare, a prima vista, due film più diversi: commedia a lieto fine il primo, dramma carcerario il secondo. Il primo è stato accostato a Ladri di biciclette, dello stesso anno, per la struttura episodica e per il rovesciamento della trama: il furto di un’auto che Paolo, il protagonista disoccupato (Massimo Girotti), non subisce, ma compie ai danni di un ricco arrogante che lo ha umiliato. Al girovagare per la provincia romana, litorale incluso, nel tentativo di vendere la macchina rubata, Nella città l’inferno oppone invece una rigida e claustrofobica unità di azione e ambientazione, il carcere femminile delle Mantellate a Roma dove le detenute riflettono sulle loro aspirazioni e sulla possibile vita fuori. Eppure i due film sono accomunati dalla caratterizzazione dei due personaggi interpretati da Anna Magnani: Linda, la moglie del disoccupato che sogna una vita piccolo borghese, e la carcerata Egle che ha deciso di voler stare bene e di scegliere quindi l’illegalità per fare soldi. Attraverso Anna Magnani, queste due opere testimoniano la voglia di mobilità sociale della popolazione italiana nell’arco di dieci anni fondamentali che porteranno la nazione dalle rovine del secondo dopoguerra al boom economico. Paradossalmente, proprio con l’avvicinarsi del boom, alla consapevolezza che il benessere ha i suoi esclusi, e soprattutto le sue escluse, sembra aggiungersi anche quella ancora più inquietante delle scorciatoie illegali spesso necessarie per raggiungerlo. Significativamente, in questi momenti, come quando Paolo si nasconde all’interno del garage in chiusura per rubare la vettura o nell’inseguimento della polizia, la commedia di Camerini si tinge di elementi noir.

Linda e Egle sono il motore del desiderio di benessere economico accarezzato dai due film, tanto da provocare, rispettivamente, il furto della macchina e la “corruzione” della giovane e ingenua compagna di cella Lina (Giulietta Masina). Entrata in carcere per un crimine che non ha commesso, Lina, una volta rilasciata, seguirà i consigli di Egle e ritornerà in cella orgogliosa di guadagnare prostituendosi. Linda ed Egle arriveranno a vivere il loro desiderio di benessere con un senso di colpa e richiesta di assoluzione: esplicita nell’urlo finale di Egle nel film di Castellani, che richiama, nell’isteria, la disperazione dell’infanticida Vittorina di qualche scena prima; più implicita nella felicità di Linda per il lavoro di lavamacchine trovato dal marito alla fine di Molti sogni per le strade, certo lontano da quella condizione “da signori” sognata dalla donna per tutto il film.

Linda non fa che aumentare la frustrazione di Paolo per non essere in grado di mantenere la famiglia portandolo a tradire l’amico Emilio, invalido proprietario del garage dove la macchina di lusso è parcheggiata. L’ammenda di Linda sarà proprio quella di denunciare il furto alla polizia per non far mettere il marito in pasticci ancora più seri. La sua denuncia si ritorcerà, tuttavia, contro di lei anche se Linda troverà una via d’uscita e sancirà la riconciliazione tra Paolo ed Emilio, dichiarandosi favorevole a che il marito accetti il lavoro di lavamacchine offertogli dall’amico che, paradossalmente, chiede il benestare della donna: “Sora Linda, se non c’avete niente in contrario... Lo so che voi c’avete certe idee, ma forse oggi ve saranno passate”. La scena avviene proprio dopo che il commissario di polizia comunica a Linda di non volerla perseguire per “falsa denuncia”. Tuttavia, assoluzione e condanna, come la possibilità di mobilità sociale, sembrano essere categorie destinate a diventare sempre più instabili negli anni del boom economico.