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“EO” speciale II – Lezione sulla natura e sulle immagini

Cos’è EO? È una favola animalista dai tratti magici che sa trasformarsi in horror e in dramma ferale, riuscendo persino a contenere i segni grotteschi (e credibili) della commedia. Ma è soprattutto il lavoro di un maestro invitato a sfidare i limiti dello sguardo, compreso il proprio. Senza virtuosismi né magniloquenze di sorta, ma con l’approccio silenzioso di chi ha voluto creare un meraviglioso equivoco che urla “cinema!” da ogni punto di vista. Come il personaggio di Crossley ne L’australiano (The Shout, 1978) è alla ricerca di rare e minacciose frequenze, Skolimowski insegue ossessivamente un’inquadratura che possa svelarsi finalmente libera e indipendente.

“EO” speciale I – Il mistero dell’animalità

La soggettiva, piuttosto che rimandare in maniera univoca a un oggettivo sognare dell’asino, fa trasparire il desiderio spettatoriale di connessione con i sogni dell’asinello, il comune destino degli esseri viventi. Il montaggio rende quindi possibile trattenere un velo di mistero sul mondo dell’asino e allo stesso tempo rende impossibile una totale padronanza dell’umano di tale mondo. Attraverso il mistero dello sguardo di Eo siamo ricondotti al mistero dell’alterità, di ogni sguardo altro che chiede riconoscimento e dignità. E alla profonda ingiustizia che subisce ogni animale, umano o asino che sia, trattato come puro significante senza diritto di voce o di verso.