Alessandro Criscitiello
Un multiverso transmediale firmato Sam Raimi
Doctor Strange nel multiverso della follia non può essere visto soltanto come il sequel di Doctor Strange (Scott Derrickson, 2016), ma come episodio dark-fantasy di una continuity tentacolare, conseguenza diretta delle tre “fasi” del Marvel Cinematic Universe (ventitré film) e parte integrante della cosiddetta “fase quattro”: cinque film già usciti, altri sei programmati, con serie e miniserie annesse. Numeri da capogiro che rischiano di scoraggiare chiunque avesse voglia di varcare la soglia dell’universo Marvel Studios da neofita, ma che non faticano a fidelizzare praticamente nessuno.
“The Batman” smisurato, lugubre e solenne
The Batman non è una “fiaba oscura” né “il Batman definitivo”, ma un ibrido che si assesta con timida sicurezza tra il cinecomic cosiddetto e la New (New-New) Hollywood. Una liturgia noir che suggerisce l’hard boiled con meno compassione e realismo del Joker di Todd Phillips, senza dimenticare le frustrazioni e le nevrosi del contemporaneo. E sulle variazioni dell’Ave Maria di Schubert, diventa ancora più appropriato perdersi nell’altro tema del film, Something in the Way. Sono i Nirvana più funerei che Reeves sceglie come manifesto del suo Batman: familiare, solenne, ma libero di de-costruire un’intera mitologia.