Presentato in anteprima al cinema Lumière, il nuovo film di Céline Sciamma era l’ultimo appuntamento con la rassegna dei finalisti del LUX Prize 2014. Dalla sua nascita nel 2007, il premio reso possibile dal Parlamento Europeo persegue l’obiettivo di animare il dibattito su problemi e valori che interessano la diversità culturale europea. Ogni anno vengono puntati i riflettori su tre pellicole scelte in una rosa di dieci. Dopo aver proiettato a dicembre scorso Razredni Sovraznik – Class Enemy di Rok Biček e un mese fa Ida di Paweł Pawlikowski (vincitore degli Oscar 2015 come miglior film straniero), ecco Bande de filles – Girlhood, terzo lungometraggio della Sciamma.

Quel “Girlhood” scelto per il mercato anglofono pare proprio una mossa dei distributori per cavalcare il successo di Boyhood (tra i favoriti di quest’anno per l’Oscar come miglior film), perché, nonostante le somiglianze, tra il film di Sciamma e quello di Richard Linklater c’è un abisso. Il “boy” di Linklater è inattaccabile nella sua condotta, la sua è una vita da tipico teenager americano. Ogni qual volta si presenta una situazione difficile cerca sempre di affrontarla nel migliore dei modi. È un buono, non gli si può dire niente, non fa male a nessuno. La “girl” di Sciamma invece pare essersi tatuata sulla pelle la massima di Ute Ehrhardt: “Le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive dappertutto”.

Bande de filles è la storia di un’emancipazione coatta perseguita a suon di pugni, furti, prepotenza e bullismo. Occorre una sospensione del giudizio per poter amare le sue protagoniste. A volte non è facile (soprattutto quando si ritrovano ad alimentare quella stessa misoginia che impedisce la loro liberazione) ma la sensazione di avere a che fare con il risultato di storture sociali è sempre dietro l’angolo a travolgerci. Sciamma si guarda bene dall’assolvere le sue ragazze, ma le proietta in una dimensione intimista al di là del bene e del male. E in questo è potente al punto da rendere quasi inquietante la spregiudicatezza dell’adolescenza, riuscendo a commuovere persino mostrando le protagoniste cantare a squarciagola Diamonds di Rihanna.

In più momenti sono le aspre atmosfere del bellissimo Mommy di Xavier Dolan a tornare alla mente. Ma se lì a fare da direttore d’orchestra sono soprattutto i dialoghi, qui il grosso del compito narrativo lo fanno i silenzi, le espressioni sui volti e i movimenti del corpo. Sono poche le parole scambiate tra la protagonista e suo fratello, ma più che sufficienti per descrivere la difficile posizione di una ragazza che è nel giusto solo quando obbedisce ai dettami di un microcosmo fallocentrico o quando imita la parte peggiore di esso facendo a botte con un’altra ragazza. Fino a qui tutto bene. Ma prova a decidere con la tua testa quando perdere la verginità e con chi e vedrai che ti succede. In quell’unica volta in cui è lei a ordinare qualcosa a un lui tra le lenzuola di un letto risiede una vergogna inenarrabile. Deve essere punita. Ma questo non la fermerà.

Bande de filles è la disperata ricerca di qualcosa che a sedici anni non si sa neanche bene cosa sia. L’unica certezza è che non è ciò che si ha avuto finora. E per ottenerlo bisogna lottare. Senza scordare una cosa importante e triste al tempo stesso: è nella compagnia di altre pazze scatenate come te che troverai la forza necessaria, anche se molto probabilmente la vita avrà in serbo per voi strade diverse. Rimarrà comunque il dolce ricordo di quegli urli stonati sulle note di una canzone pop che tanto hanno contribuito a forgiare il carattere di una ragazza ora finalmente donna.