Alza la paglia l'anziano contadino Raffaele con i suoi strumenti rudimentali. Un gesto ripetuto, nel film come nei secoli nel mondo contadino sardo, in attesa dell'arrivo del vento che, separando i chicchi dal grano, faccia il lavoro al posto suo. I padroni però hanno trovato una soluzione più veloce che non necessita della mediazione della natura: la trebbiatrice. Ma Raffaele, testardo, continua ad aspettare il vento. Si chiama Bentu il nuovo film di Salvatore Mereu, presentato in anteprima alle Giornate degli Autori di Venezia 2022, e pone al centro del suo discorso filmico un conflitto tra temporalità: quella secolare del mondo contadino rispettosa della natura e quella del mondo moderno che della natura fa strumento. Ma la hybris dell'uomo moderno porterà al tragico finale.

La regia di Mereu costruisce un rapporto empatico tra lo spettatore e il protagonista rispettando la percezione temporale del personaggio attraverso lunghi piani-sequenza che dilatano il tempo. Fa crescere in questo modo l'attesa di un avvento miracoloso della natura. Ma Mereu rifugge da una deriva nostalgica per il mondo pre-moderno. Non solo perché evita di demonizzare la tecnica, criticando solo l'uso strumentale che fa l'uomo moderno della natura, ma anche perché Raffaele è un personaggio ambiguo, inquieto, riluttante al progresso.

Conflittuale è non solo il rapporto con la modernità, i suoi strumenti e tempi, ma anche con la natura stessa, insofferente della prolungata attesa che gli impedisce di dormire serenamente e lo porta a faticare sui campi. La sua diventa quindi una vera e propria guerra contro il vento. Così il film alterna notturni interni e diurni spazi aperti abitati dal corpo di Raffaele segnato dagli anni di “guerra”.

Quarto adattamento dalla letteratura sarda per Mereu (dopo Sonetàula, Bellas mariposas e Assandira), come in altri film del cinema sardo contemporaneo (vedi proprio Assandira) al centro della narrazione vi è anche lo scontro generazionale, riformulazione del rapporto con il Padre padrone. Angelino, il giovanissimo aiutante di Raffaele, ha i suoi desideri di crescita ed emancipazione. Un nuovo scontro di temporalità si presenta: la frenesia della giovinezza e la pazienza della vecchiaia.

Alfabetizzato, rappresentante della modernità, Angelino cerca di convincere Raffaele che è abbastanza grande per poter cavalcare la cavalla.  Eppure ci sono lezioni di questo Padre padrone che possono risultare ancora utili, come quello di non forzare il proprio sviluppo e lasciare che sia il tempo della natura a decidere del destino dell'uomo.

Nella visione di mondo di Raffaele la natura determina ancora le azioni dell'uomo, il suo abitare sulla Terra. L'uomo moderno attraverso la tecnica vuole sovvertire questo rapporto ma il finale evidenzia l'arroganza dei moderni nel pensare di poter agilmente padroneggiare la natura. La natura si svela in tutta la sua fatale tragicità come inappropriabile.

Il film può quindi essere pensato come una lezione ecologica per una contemporaneità che pensa di poter risolvere i problemi con la natura continuando a porre l'umano e i suoi tempi al centro.