Immaginiamo che una volta giunti nel fondale oceanico più profondo ci siano altre colonne d'Ercole da varcare e un mondo parallelo da conoscere, popolato da divinità con sembianze umane, giardini pensili, uomini divenuti animali e alberi e acqua come unica misura del mondo, in cui la vita e la morte sono un unico filo. Il mare diventa cielo e sembra non esserci una zona limite – bellissima l'inquadratura in cui Kun, uno dei protagonisti, viene ripreso da una prospettiva "sottomarina", mentre nuota ed era come se lo facesse nel cielo stesso. Nell'universo di Big Fish and Begonia, ci sono una dimensione intellegibile e una sensibile contenute in unico globo, l'idea e la forma: in questa specie di mondo iperuranio, al di sotto del cielo e del mare, c'è l'idea platonica, quel Bene che andrà poi a diramarsi in tante forme sensibili e idee particolari nel mondo degli uomini Il mondo altro immaginato da Liang Xuan e Zhang Chun ha in sé tutto ciò che andrà poi a manifestarsi compiutamente nel mondo degli esseri umani, ne è l'alfa e l'omega ed è il posto in cui la loro anima verrà conservata dopo la morte.

Le regole cosmiche che lo amministrano prevedono che ciascun giovane, dopo aver compiuto i sedici anni di età, debba compiere un viaggio nel mondo degli umani, senza però avvicinarsene troppo: è la volta di Chun che osserverà questo mondo sotto le spoglie di un delfino, restando sempre lontano. Siamo quasi alla fine del suo rito di passaggio, ma qualcosa va storto. Chun incontra Kun, un giovane pescatore che le salverà la vita e verso cui la giovane si sentirà inevitabilmente in debito. I due sfideranno le leggi di natura.

Fin dalla voce fuori campo iniziale – che accompagnerà lo spettatore nel corso di tutto il film - Big Fish and Begonia diventa un'esperienza, un percorso iniziatico, filosofico e spirituale che magnetizza l'attenzione di chi guarda tanto per l'incalzare continuo della vicenda quanto per la complessità dei concetti trattati, anche implicitamente: c'è innanzitutto dell'epica in questa storia, il peso dell'anima, il sacrificio individuale per un bene più grande, il bisogno di prender parte a qualcosa e il senso dell'avventura, la cosiddetta curiositas odissiaca e quello slancio immaginifico e trascendentale che contraddistingue molta produzione artistica orientale, unito alla necessità di ricongiungersi all'elemento naturale, motore universale. Inoltre, l'empatia che si crea nei confronti dei personaggi è tale da farci vivere il dramma sia di Chun che del nonno che si trasformerà in albero di begonia o della nonna tramutatasi in fenice dopo la morte; tutto ha un'anima e una propria dignità nel mondo immaginato dai due registi cinesi e il modo in cui hanno voluto trasmettere questa specie di panpsichismo, tra l'epica e il lirismo più sottile, è stato ineccepibile e suggestivo.